Notizie in pillole

 

*Il team di ricerca della Professoressa Dorianna Sandonà, dell’Università di Padova, propone su «Human Molecular Genetics» un nuovo modello murino per lo studio della malattia, più vicino alla realtà rispetto alle cellule in coltura. I risultati emersi utilizzando questo nuovo modello indicano che il correttore CFTR C17 consente un recupero completo della forza degli animali trattati, senza effetti tossici.

Una piccola molecola individuata per il trattamento della fibrosi cistica potrebbe essere utile anche per le sarcoglicanopatie, malattie genetiche rare appartenenti al gruppo delle distrofie muscolari dei cingoli per le quali non è al momento disponibile alcuna terapia specifica. Lo suggeriscono i risultati ottenuti in un nuovo modello animale della malattia dal gruppo di ricerca della Professoressa Dorianna Sandonà del Dipartimento di Scienze Biomediche dell'Università di Padova appena pubblicati sulla rivista scientifica «Human Molecular Genetics».

Per saperne di più:  https://academic.oup.com/hmg/advance-article/doi/10.1093/hmg/ddab260/6367978

* Un anticorpo monoclonale possibile arma contro l’Alzheimer. Uno studio coordinato dall’Istituto di sistemi complessi e dall’Istituto di farmacologia traslazionale del Cnr, svolto in collaborazione con Irccs Fondazione S. Lucia e Fondazione Ebri, ha dimostrato come l’anticorpo monoclonale 12A12 determini miglioramenti significativi nelle principali alterazioni prodotte da questa malattia neurodegenerativa. La ricerca è stata pubblicata sull’International Journal of Molecular Sciences Tra i principali processi neuropatologici responsabili della malattia di Alzheimer riveste grande importanza l’alterazione della proteina Tau, che tende ad accumularsi nel cervello dei pazienti affetti da questa patologia e ad aumentare col progredire della malattia. Uno studio coordinato dall’Istituto di farmacologia traslazionale (Ift) e dall’Istituto dei sistemi complessi (Isc) del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), al quale hanno collaborato l’Istituto di biomembrane, bioenergetica e biotecnologie molecolari (Cnr-Ibiom), la Fondazione e Clinica Irccs S. Lucia, la Fondazione Ebri, il Policlinico Universitario A. Gemelli e l’Irccs Fondazione Bietti, ha mostrato l’efficacia dell’anticorpo monoclonale 12A12 contro questo processo. La ricerca è stata pubblicata sull’International Journal of Molecular Sciences.

Per saperne di più:  https://doi.org/10.3390/ijms222212158

 

* LA RIVINCITA DEL PULCINO “DAVIDE” . Nello scontro tra Davide e Golia nessuno avrebbe scommesso sulla vittoria improbabile del primo, eppure intelligenza e determinazione ribaltarono le forze in campo. Il piccolo diventò gigante e il potente guerriero dimostrò tutta la sua fragilità. Nello studio dal titolo “Low-rank Gallus gallus domesticus chicks are better at transitive inference reasoning” – pubblicato su «Communications Biology» dal gruppo di ricerca guidato da Lucia Regolin del Dipartimento di Psicologia Generale dell’Università di Padova – si dimostra come non sempre chi è in fondo alla scala sociale ha minori capacità e che gli individui dominanti sono quelli peggiori nel ragionamento logico deduttivo.

C’è una spiegazione per questo effetto apparentemente inatteso? Sì, la capacità di compiere inferenze transitive (quelle secondo cui se “A vince su B” e “B vince su C” ci si aspetta che A vinca su C) è di cruciale importanza per poter prevedere la posizione altrui e la propria nella gerarchia sociale, evitando di doversi scontrare direttamente con tutti i membri del gruppo. Quindi una parte delle relazioni non osservabili possono essere dedotte sulla base di quelle osservate, questa abilità risulterebbe cruciale proprio per gli individui nelle posizioni inferiori, che debbono guardarsi bene da confronti fallimentari, mentre potrebbe risultare superflua per gli individui dominanti, i quali possono evitare di curarsi delle gerarchie tra ranghi inferiori.

Per saperne di più: https://www.nature.com/articles/s42003-021-02855-y

 

*Invecchiamento cognitivo: Il lavoro aiuta il nostro cervello. Anche il tipo di attività lavorativa influisce nell’andamento del declino cognitivo. È quanto rilevato da un nuovo studio che coinvolge SISSA e Università di Padova e che ha preso in esame un ampio campione di popolazione italiana. Non sempre il lavoro logora, anzi. Un recente ricerca dimostra che ha un ruolo attivo nel mantenere il nostro cervello in salute. “Abbiamo dimostrato l’influenza che ha l’occupazione sulle prestazioni cognitive” racconta la Professoressa Raffaella Rumiati, neuroscienziata cognitiva della SISSA e autrice del paper Protective factors for Subjective Cognitive Decline Individuals: Trajectories and changes in a longitudinal study with Italian elderly, pubblicato recentemente su European Journal of Neurology.

Per saperne di più: https://doi.org/10.1111/ene.15183

Il Galileo