Siamo impreparati all’emergenza climatica

 

Di Bartolomeo Buscema

Il riscaldamento globale sta accelerando a un ritmo più elevato di quanto previsto. Utilizzando dati paleoclimatici, satellitari,  rilevazioni a terra ,tramite accurati modelli  matematici in grado di gestire  sistemi di equazioni non lineari,  molti climatologi avvertono  che se non si  adottano  drastiche misure  di riduzione di immissione di anidride carbonica in atmosfera ,l’aumento delle temperature medie globali, rispetto al periodo pre industriale,  sarà superiore al limite di 1,5°C  probabilmente tra il 2030 e il 2050.Ricordiamo che tale valore di soglia era stato fissato  dell'Accordo di Parigi, firmato il 12 dicembre 2015, per scongiurare una instabilità climatica non controllabile. Purtroppo, sappiamo che dall'era preindustriale a oggi, quindi negli ultimi 200-250 anni circa, la temperatura  media del pianeta è aumentata di 1,2°C. E’ un valore preoccupante , come se la nostra temperatura corporea normale pari a  circa 36,5°C fosse stabilmente a 37,7°C. Un fastidioso stato febbrile che potrebbe preludere a serie patologie.. Purtroppo lo sforamento della soglia limite di +1,5 °C non è un evento improbabile. Si instaurerebbe così un  quadro  climatico a dir poco allarmante che ,però, non trova alcun riscontro  significativo  sul versante dell’adattamento climatico  delle popolazione alla repentina mutazione climatica globale. Se ne era già parlato alla  COP27 di Sharm el-Sheikh (2022)  dove si è cercato un  accordo sulle modalità di finanziamento per le “perdite e i danni” nei Paesi più colpiti dai disastri climatici. Purtroppo molti punti sono  stati  discussi genericamente tra cui  la responsabilità concreta dei Paesi che devono contribuire. Tutto ciò trova un riscontro  nel nuovo rapporto del Programma Ambientale delle Nazioni Unite (Unep) “Adaptation Gap Report 2023: Underfinanced”, recentemente  pubblicato. Un documento analitico  nel quale si sottolinea che nessuna delle misure  di adattamento attuate  finora dai governi si è rivelata sufficiente. Un quadro che  ci trova impreparati ad affrontare i rischi climatici  e i conseguenti impatti:  inondazioni, siccità, ondate di calore, aumentata virulenza degli uragani, diminuzione dei raccolti agricoli. Le cinquantacinque economie più vulnerabili al clima, ricorda l’Unep, hanno subito perdite e danni per oltre 500 miliardi di dollari negli ultimi due decenni. Recenti studi indicano che  per ogni miliardo investito nell’adattamento contro le inondazioni costiere porta a una riduzione dei danni economici di 14 miliardi di dollari. Un dato tra i tanti che palesa  gli effetti negativi dell’inazione. I paesi industrializzati  devono garantire  a tutti una transizione giusta, che non lasci indietro nessuno, verso economie e società sostenibili, resilienti ai cambiamenti climatici e  neutre per quel che concerne le emissioni nette di carbonio in atmosfera.

Il Galileo