Nel sangue gli indizi

dell’invecchiamento degli organi

Nel corpo un organo può invecchiare prima degli altri con implicazioni sulla salute

 

di Rita Lena

 

 

Anatomia del corpo umano di Juan Valverde de Amusco (Roma 1559)

Man mano che le persone invecchiano, le loro cellule subiscono una serie di cambiamenti biochimici che causano un  danno agli organi e, infine, alla morte. Un problema che una ricerca pubblicata recentemente su Nature, ha cercato di studiare in un’ottica diversa, tracciando la produzione delle proteine nell’organismo.  Un metodo di analisi nuovo del processo di invecchiamento degli organi nell’uomo, che permette di prevedere con maggiore accuratezza il rischio di ammalarsi e  di capire meglio quali sono gli effetti di questo tipo di invecchiamento. Secondo lo studio, i cambiamenti che avvengono nel corpo non sono uniformi: gli organi di un individuo possono, infatti,  invecchiare a ritmi diversi, e un certo organo può invecchiare più velocemente in una persona,  piuttosto che in un’altra con la stessa età cronologica. Tony Wyss-Coray, coautore della ricerca, e colleghi, Stanford University, Stanford California, hanno valutato nel plasma di 5.676 individui adulti i livelli delle proteine originate da organi specifici per misurare le differenze del processo di invecchiamento tra gli organi di persone in vita. Utilizzando modelli di machine learning è stato analizzato l’invecchiamento di 11 degli organi più importanti, incluso il cervello, il cuore e i reni ed è emerso che circa il 20% della popolazione studiata mostra una forte accelerazione nell’invecchiamento di un particolare organo, mentre l’1,7%  mostrava un invecchiamento multiplo in più organi contemporaneamente.   Un quadro allarmante  che può indicare la presenza di una specifica malattia a carico di un dato organo e/o un rischio aumentato di morte tra il 20 e il 50%. Ad esempio, individui con un invecchiamento accelerato del cuore hanno un rischio maggiore del 250% di incorrere in un infarto. Se, invece, è il cervello ad invecchiare precocemente insieme all’apparato vascolare, questo può potenzialmente, indicare una progressione verso la Malattia di Alzheimer dove le  proteine tau, diventate aggregati insolubili, diventano, nel sangue del paziente, il miglior marker diagnostico della malattia. In particolare, i ricercatori  hanno studiato 11 organi principali, tutti soggetti a un invecchiamento “accelerato” evidenziato dai livelli di alcune proteine nel sangue ed è emerso che  circa un quinto delle oltre 5.600 persone che hanno partecipato allo studio  mostravano l’ invecchiamento  accelerato di  almeno un organo.  “I test sulle proteine legate all’età degli organi – afferma Hamilton Oh, biologo computazionale presso l’Università di Stanford in California e coautore dello studio –potrebbero aiutarci a sviluppare trattamenti mirati per le patologie legate all’età e rappresentare una guida per realizzare  piani di trattamento personalizzati. I medici già ora, monitorano  i livelli di alcune proteine nel sangue dei pazienti. Test specifici che vanno ad ampliare il loro kit di strumenti diagnostici”. Ricerche precedenti avevano già individuato a livello cellulare diversi segni distintivi dell’invecchiamento, come l’accumulo di mutazioni del DNA e cambiamenti nell’epigenoma; e, negli ultimi dieci anni, sono stati sviluppati algoritmi che sfruttano questi indicatori per stimare l’”età biologica” di una persona, che può rivelarsi superiore o inferiore alla sua età cronologica . Malgrado il risultato conseguito dai ricercatori della Stanford University, che apre la strada a nuovi strumenti per la diagnosi di malattie importanti, c’è chi resta cauto ed auspica un maggiore approfondimento ed ulteriori ricerche.  “La combinazione di vari segni distintivi dell’invecchiamento (come ad esempio i marcatori epigenetici)  potrebbe portare a test più affidabili sull’età degli organi rispetto ai soli test sulle proteine”,  sottolinea Sara Hägg, epidemiologa del Karolinska Institute di Stoccolma specializzata in invecchiamento biologico. Ed anche se la ricercatrice  elogia la quantità “impressionante” di dati analizzati dai ricercatori, avverte che “non è chiaro se le proteine stiano guidando il processo di invecchiamento o ne siano i sottoprodotti e,  inoltre, non è chiaro se l’algoritmo del team preveda il rischio di malattie o semplicemente rifletta i cambiamenti proteici causati dalle malattie”.

Il Galileo