Termovalorizzatori:

 l’esempio di Brescia

di Valeria Fieramonte

 

Vistare Brescia, l’antica Brixia romana, è sempre un piacere, data la bellezza della città, ricca di storia, di arte, e inserita in un fortunato contesto di laghi e montagne.

Persino quando si vanno a visitare luoghi così poco romantici come può essere un termovalorizzatore.

Perché l’edificio, anzi gli edifici, non sono privi di una loro eleganza architettonica, gli interni sono ampi, confortevoli e curati e la “plancia di comando” delle varie attività assomiglia, sia pure in dimensione ridotta, a quelle che governano il lancio di satelliti.

Del resto costruire una termovalorizzatore, costa tra i 7 e gli 800 milioni di euro –  dice Simone Malvezzi, uno dei relatori di A2A, (anzi i costi stanno ora aumentando del 25%.), ma poi si recupera ampiamente il costo iniziale grazie alla produzione di energia elettrica per 200mila famiglie e di riscaldamento per oltre 60 mila edifici, realizzata attraverso il trattamento di 700 mila tonnellate annue di rifiuti urbani e industriali non riciclabili.

Si può dire che in loco si riescano a ‘riciclare’ rifiuti persino dalle ceneri pesanti di scarti bruciati a oltre 1000 gradi, dato che da queste ultime, le ceneri appunto, viene    ancora estratto  il ferro e i  metalli ferrosi, mentre la frazione restante si può usare nell’edilizia e per la produzione di gres porcellanati.

Senza contare che questi potenti macchinari hanno permesso di chiudere oltre 20mila impianti di riscaldamento ‘privati’ e di risparmiare così oltre 700mila tonnellate di emissioni di CO2 l’anno. Appunto la famigerata e in piccole dosi persino necessaria  anidride carbonica che tanto contributo sta dando anche al riscaldamento del clima e alla riduzione dell’ossigeno nell’aria.

Il sistema di filtraggio ideato (delle ceneri tratte dalle combustioni a mille gradi delle caldaie, unico luogo semi infernale del confortevole contesto) è in grado di abbattere fino al 98% degli ossidi di zolfo, e oltre il 70% di altri ossidi, monossidi, acidi e polveri, per valori molto al di sotto dei valori soglia stabiliti dall’A.I.A. (quando si dice l’acronimo!)

E’ dunque forse anche perché hanno visto i vantaggi di un buon utilizzo dei rifiuti che i bresciani sono abbastanza virtuosi nella raccolta differenziata, (oltre il 62%), con valori sopra la media anche per carta, vetro, organico e plastica, trattati ovviamente in altri impianti di A2A ambiente, mentre come si è già detto solo il residuo irrecuperabile viene valorizzato come energia nell’inceneritore.

L’interessante visita è stata resa possibile dagli infaticabili soci UGIS Luisa Monini e Eugenio Sorrentino.

Sul luogo dell’inceneritore è allevata anche qualche arnia di api, che si sa non possono vivere in ambienti troppo inquinati, e producono un ottimo miele millefiori, offerto ai visitatori, che tutto si aspetterebbero tranne che di trovare proprio miele autoprodotto in un luogo del genere. 

Può essere infine interessante sapere che Milano, Bergamo e Brescia hanno azzerato, finalmente, le discariche (così è stato detto e si spera che in tutta la pianura padana non bruceranno più,  con induttori di fiamma a rendere più grave la cosa, depositi di plastiche stipati in ogni genere di capannone, come finora è successo inquinando intere zone e trasformando anche il Nord in una terra dei fuochi).

Ancora più interessante sapere che il gemello di Brescia è proprio ad Acerra e dal 2010 ha permesso a Napoli di uscire da una situazione drammatica, (dato che copre il 70% del fabbisogno della regione Campania, e nonostante sia contestato da frange di irriducibili probabilmente legati alla camorra). Liberando in parte il Nord dall’essere vittima dei troppi furbi del Belpaese, sempre pronti a dire NIMB anche quando è persino autolesionista.

Per ulteriori informazioni si può consultare il sito www.a2aambiente.eu

Il Galileo