Papa Bergoglio

tra Francesco d’Assisi e Francesco Saverio

 

 

di Giuseppe Prunai

 

 La prima benedizione Urbi et Orbi di Papa Francesco

Tra Francesco d’Assisi (1182-1226) e Francesco Saverio (1506-1552). Il primo predicava il ritorno alla semplicità evangelica, alla chiesa povera dei primordi, l’aiuto agli umili, ai poveri e, soprattutto, la pace. La sua azione si inserì nel vasto movimento pauperistico del XIII secolo in uno spirito di riforma contro la corruzione dei costumi degli ecclesiastici del tempo, troppo coinvolti negli interessi materiali e politici, nella sanguinosa lotta per le investiture. Povertà, obbedienza e castità sono fra le regole fondamentali di San Francesco e dei suoi seguaci, la cui vita trascorre nella preghiera, nella meditazione ma è anche animata da spirito missionario.

Quello spirito missionario che mosse anche Francesco Saverio. Compagno di Ignazio di Loyola, aderì alla Compagnia di Gesù praticamente alla fondazione, fu missionario in Estremo Oriente e predicò il cristianesimo in Giappone.

Strana coincidenza, l’anno della sua morte, il 1552, è lo stesso della nascita di Matteo Ricci il futuro gesuita che portò il primo germe del cristianesimo in Cina. E ad una frase di Matteo Ricci si è, probabilmente,  ispirato Papa Bergoglio quando, affacciandosi dalla loggia centrale della Basilica Vaticana ha detto che veniva “dalla fine del mondo”.

E’ con queste credenziali che Papa Francesco si presenta al mondo: a quello della cristianità e a quello delle altre religioni rivelate.   Val la pena di ricordare che, secondo la tradizione cattolica, la parola papa (voce infatile latina che sta per padre) sarebbe l'acronimo di pater pauperum, padre dei poveri.

Su di lui fioriscono gli aneddoti : in città si spostava in metropolitana, per recarsi in altre città prendeva il treno, ha voluto fare il percorso interno del Vaticano sul pulmino con gli altri cardinali rifiutando l’auto papale, ha voluto pagare il conto dell’albergo dove aveva alloggiato prima del conclave, ha rifiutato la mozzetta rossa e la croce d’oro preferendo conservare quella di ferro che lo accompagna da tanti anni. E si parla anche di primati: il primo non europeo da svariati secoli, il primo del continente nuovo, il primo sudamericano, il primo argentino, anche se di famiglia italiana, il primo gesuita, i primo a chiamarsi Francesco, il primo che incontrerà il suo predecessore, Benedetto XVI, il Papa emerito, con il quale ha già avuto un contatto telefonico. L’incontro fra il Papa in carica e quello che ha abdicato ha il sapore di un passaggio di consegne. Il Papa uscente avrà certamente lasciato un plico sigillato con una serie di indicazioni e di memorie e, soprattutto, con il rapporto della famosa commissione cardinalizia sul Vatileaks  che Francesco certamente leggerà per poi  adottare i provvedimenti del caso. Ma è logico che una conversazione a quattr’occhi sarà più efficace e chiarificatrice.

Non dimentichiamo che, ufficialmente, Benedetto XVI ha rinunciato alla cattedra di Pietro per i limiti fisici, posti dall’età avanzata, dinanzi al gravoso compito di guidare la Chiesa Cattolica. Ma è più realistico pensare che si sia dimesso, o abbia abdicato, come dicono i giuristi, per non essere in grado di fronteggiare i gravi problemi che da anni agitano il Vaticano. Joseph Ratzinger, filosofo, pianista, intellettuale di una cultura raffinata, si è trovato catapultato alla guida spirituale della Chiesa cattolica e materiale del Vaticano, della Curia.  Si è trovato improvvisamente di fronte agli affari sporchi dello IOR, alla presunta collusione di alcuni personaggi con la malavita organizzata, con il grave problema della pedofilia di alcuni preti e del tentativo di nasconderla. E quando ha cercato di intervenire è stato spiato, sono stati sottratti documenti dal suo appartamento. Forse il “corvo” o i “corvi” cercavano il rapporto dei cardinali incaricati di far luce su certe attività di alcuni personaggi della Curia, sul cosiddetto Vatileaks del quale noi conosciamo solo la punta dell’iceberg. Ma il  Papa uscente conosce anche il sommerso. E il sommerso di un iceberg è circa il 90 per cento dell’intera massa di ghiaccio. E’ comprensibile che l’uomo Joseph Ratzinger, intellettuale ed idealista, abbia avuto un moto di ripulsa, abbia avuto –  ci si perdoni la prosaicità – il voltastomaco ed abbia preferito uscire in punta di piedi. Per quanto possa farlo un Papa.

Adesso la palla (è il caso di dirlo, vista la passione per il calcio del nuovo papa) passa a Francesco che se la dovrà vedere  con la parte sommersa dell’iceberg, con quel 90% dell’intero, nauseabondo problema.  Dai primi segnali, sembra deciso ad intervenire. Ci riuscirà o la Curia prenderà di nuovo il sopravvento?

 

 

 Il Galileo