In Umbria le radici della chirurgia

In due musei in Valnerina la storia  di questa branca della medicina

ed i primi strumenti chirurgici

 

di Pia Bassi

 

 

 L'Abbazia di Sant'Eutizio. Nella roccia erano scavate le grotte abitate dai momaci siriani e dagli eremiti

Nelle terre vicino a Norcia un gruppo di monaci giunse dalla Siria nel V° sec. e  diffuse il cristianesimo attraverso il monachesimo orientale, sistemandosi nelle grotte da loro scavate nella roccia sovrastante l’attuale monastero di Sant’Eutizio, nei pressi di Preci, Valcastoriana. A Norcia, Benedetto e la sorella gemella Scolastica accolsero la nuova religione seguendo il modus vivendi di questi monaci  ed eremiti. Era l’inizio dei cosiddetti secoli bui che succedettero alla crisi e alla caduta dell’impero romano. I monaci siriani, che portavano con loro i rudimenti della medicina siriana,  si erano installati anche a Sellano, sul pendio sinistro del fiume Vigi, affluente del Nera, dov’era una sorgente d’acqua medio-minerale ad azione diuretica, utile per la cura delle calcolosi, che i valligiani chiamavano “premiti”.  Ora a Sellano, in località Sant’Angelo, c’è la fonte dell’Acqua Tullia, che sgorga dalla viva roccia nel parco del convento dell’ordine dei Frati Cappuccini. E’ sapientemente sfruttata e dà lavoro a una trentina di persone. Luoghi taumaturgici quindi che alleviavano le sofferenze fisiche, non solo quelle spirituali, grazie alle cure di monaci ed eremiti come i siriani Cosma e Damiano eletti dottori della chiesa, anàgiri, ovvero curatori senza compenso.

La vicina abbazia di Sant’Eutizio (foto a destra)possedeva un ospedale e una biblioteca ricchissima che servirono ai preciani per diventare, dal XVI al XVIII° secolo, esperti di fama europea  nell’oculistica e nell’estrazione dei calcoli. Documenti e strumenti dell’epoca sono visibili in una piccola significativa raccolta.

Da cosa deriva questa abilità chirurgica? Dalla conoscenza del corpo umano basata sulla conoscenza del maiale, che i norcini erano usi a sezionare per farne alimento, vale a dire grasso, carne, muscoli, interiora, organi da mettere sotto sale per poterla conservare a lungo e usufruire di proteine durante tutto l’anno. Si accorsero che l’interno del maiale è così simile al corpo umano che il trasferimento delle conoscenze facilitò l’applicazione delle tecniche di taglio con sofisticati strumenti, come un ago d’argento per estirpare la cataratta dall’occhio e ridare la vista oppure la conoscenza dell’apparato urinario e sessuale servì loro per cavare i calcoli urinari con l’asportazione, litotomia, o la triturazione o l’eliminazione delle ernie scrotali con l’asportazione parziale o totale dei testicoli. E’ proprio grazie a queste pratiche empiriche che si inventarono strumenti a dir poco all’avanguardia (alcuni ancora in uso tutt’oggi come le pinzette che si usano in estetica)  e che si possono vedere nella bella raccolta documentata nel museo di Preci. La regina Elisabetta I d’Inghilterra (1533-1603), fu operata di cataratta e riacquistò la vista, dando anche lustro a chi la operò. La fama di questi primi chirurghi raggiunse Londra, Lovanio, Parigi, Amburgo, Innsbruck, Graz, Ragusa, Costantinopoli. (Nella foto a destra: un ex voto per un riuscito intervento di cataratta).

         Racconta Gian Franco Cruciani in “Cerusici e Fisici, Preciani e Nursini dal XIV al XVIII secolo”, Edizioni Thyrus  (che è una storia della medicina dell’età classica al Basso Medioevo)  che, secondo gli storici, la medicina nasce nel mondo antico nel sec. V° a.C.:  è l’epoca  di Ippocrate, considerato come il padre della medicina. Ma anche in lui la scienza medica fu infusa da concetti e metodologie ancora più antiche. Medicina e chirurgia era tutt’uno,  solo dopo secoli la chirurgia si differenzierà. Sarà descritta e praticata da grandi maestri  dell’epoca greca, romana, araba e medioevale. Ippocrate con il suo principio “Primum non nocere”, sarà seguito da Celso, Galeno, Paolo d’Egina che nel VII secolo scrisse sette libri di medicina. (Nella foto a destra: strumento chirurgico per l'asportazione della cataratta). L’ultimo, il settimo era dedicato alla chirurgia e su di esso si formarono molti uomini dediti a questa pratica. Scrive Cruciani: “Nel mondo Latino dell’Europa occidentale, dopo Celso, per circa un millennio, non si ebbero individualità notevoli. Durante questo lungo periodo nella Società Cristiana ci si preoccupò più della salute  dello spirito che di quella del corpo. L’esercizio della medicina da parte dei laici non ebbe grande peso, cosicché l’arte medica entrò nei monasteri  dove venne esercitata quasi in maniera esclusiva nella comunità monastica” e in tal modo vennero trasmessi dai monaci i patrimoni delle conoscenze precedenti. Nelle sedi monastiche prese piede l’allestimento di spazi per i poveri, i pellegrini e le persone male in arnese, senza però che venissero a costituirsi veri e propri ospedali”.

Con San Benedetto da Norcia e le sue regole si cominciò a diversificare tra ospitalità ed assistenza medica. Nelle Abbazie si venne definendo il compito dei religiosi addetti a curare i pazienti. Nacque così, seppure in nuce, la figura degli operatori che abbiamo ora negli ospedali. Fu creato il Frater hospitalis, il medicus, l’infermarius, il phisicus. Si strutturò lo spazio adibito al complesso sanitario con l’infermeria, la casa dei medici, il dormitorio, il refettorio, un locale per i malati gravi, la farmacia ed il giardino delle piante medicinali. L’Abbazia benedettina di San Gallo, Svizzera, è l’antico prototipo degli ospedali moderni. (nella foto sopra: strumenti chirurgici utilizzati dai monaci).

Per la chirurgia lo studio dell’anatomia umana è importante, si suppone che la Scuola Salernitana sezionasse cadaveri umani non solo suini. I chirurghi Preciani e Nursini erano famosi anche per l’arte della Castrazione, che insegnavano ai montanari per castrare i maiali e metterli all’ingrasso, tuttavia primeggiavano nella tecnica della castrazione  per creare le “voci bianche” tanto apprezzate per i canti nella Cappella Sistina e nella commedia dell’arte, tant’è che il noto commediografo del Novecento, Anton Giulio Bragaglia , a riguardo del problema morale dell’uso dei castrati che venivano scritturati per la chiesa o per il teatro, afferma : “Lodare il Signore con la voce degli angeli in terra, non poteva essere che un pio raffinamento della funzione; giacché gli angeli, non essendo né maschi né femmine, debbono avere necessariamente le voci dei castrati, dette pertanto angeliche……” (Nelle foto sopra:la fonte dell'Acqua Tullia e il parco dell'Acua Tullia a Sellano).

A un certo punto la Chiesa si dissocia dalle pratiche chirurgiche e intima con vari Concilii (Tours 1163) e Lateranense (1215): “che nessun diacono o sacerdote eserciti l’arte chirurgica che porti alla bruciatura o al taglio.” La chirurgia passa ai laici, che nelle Università europee si confrontano, raffinando le varie procedure e tecniche d’intervento.  Oggi si parla di xenotrapianti e l’animale più compatibile con il nostro corpo è il maiale, però geneticamente modificato. Già si usano valvole cardiache e cornee ricavate da  tessuti suini, si studia l’utilizzo di xeno cellule per malattie mortali e invalidanti, la strada è lunga da percorrere ma, quel che è certo, è che tutto il mondo è debitore prima di tutto verso il maiale e in secondo luogo verso questi antichi “praticoni” precursori dell’attuale chirurgia più raffinata.

Le foto sono di Pia Bassi

Info: www.lavalnerina.it

Il Galileo