26 aprile 1986: Chernobyl

 Cronaca di un disastro annunciato

 

di Irene Prunai

 

26 aprile 1986

Ore 00.23

Siamo nella sala di controllo della centrale nucleare V. I. Lenin. È qui che nei prossimi 60 minuti verranno prese una serie di decisioni fondamentali per la storia.

 Il futuro del reattore e del mondo sono nelle mani di tre uomini: Leonid Toptunov, ingegnere capo della sala controllo con il compito di monitorare la potenza del reattore;  Alexander Akimov, il capoturno e Anatoly Dyatlov, vice capo ingegnere, uno degli ingegneri nucleari più importanti dell’unione sovietica. È un uomo forte e la sua storia è segnata da un altro incidente nucleare causato da un suo errore e nel quale il suo stesso figlio ha perso la vita. Tra l’energia nucleare e Dyatlov quindi è come se ci fosse una sfida aperta.

 Ma il vero protagonista di questa storia è il reattore numero 4, il fiore all’occhiello della tecnologia nucleare sovietica.

 

Ore 00.29

La sala di controllo si sta preparando a dare il via a un test di sicurezza sul reattore. I due ingegneri Toptunov e Akimov non sono d’accordo con il loro superiore Dyatlov sulla potenza da cui far partire il test. Un disaccordo fatale e importante per capire in seguito l’evolversi degli eventi.

Gli ingegneri inoltre ignorano il fatto che la centrale abbia un grave difetto di progettazione.

Dyatlov ignora volutamente tutti i protocolli stabiliti per questo genere di test. Eppure gli ordini sono precisi, quando ha inizio il test la potenza del reattore deve essere sempre tra i 700 e i 1000 megawatt, egli invece vuole mantenere il reattore ad appena 200 megawatt per risparmiare l’acqua che serve a impedire il surriscaldamento del reattore. È sicuro di non correre alcun rischio.

 

Ore 00.36

Una volta diminuita la potenza del reattore è necessario riaumentarla. Per far risalire la potenza è necessario tirare su  tutte le barre di controllo del reattore. Le  barre di controllo sono l’acceleratore e i freni del reattore nucleare. Sotto il coperchio del reattore, spesso 15 metri, ci sono 1661 barre di uranio che scendono verso il nocciolo del reattore stesso. La scissione degli atomi di uranio rilascia un calore enorme dalle barre di combustibile che trasforma l’acqua in vapore. Il vapore, a sua volta, muove la gigantesca turbina che genera elettricità.  Per controllare l’energia sprigionata 211 barre di boro sono disposte all’interno del nocciolo del reattore. Se vengono alzate la potenza aumenta, se vengono disattivate tutte insieme gli ingegneri perdono completamente la possibilità di controllare il processo. Ma Dyatlov non vuole sentire ragioni e Akimov e Toptunov sono costretti ad eseguire gli ordini.

 

Ore 00.42

In meno di cinque minuti la potenza riprende a salire. Dyatlov ha quello che voleva.

 

Ore 1.03 

In sala controllo, dopo la fallita insubordinazione, tutto è di nuovo calmo. I tecnici sono riusciti a portare il reattore alla potenza richiesta dal vice capo ingegnere Dyatlov. A questo punto gli ingegneri chiedono di poter sospendere il test visto lo scampato pericolo, ma Dyatlov non li ascolta e decide di continuare.

 

Ore 1.09

La mancanza d’acqua continua a far scattare nuovi allarmi, ma tra gli ingegneri ancora nessuno crede che un grave incidente sia possibile. Perfino per Akinov, che conosce molto bene il reattore ed è consapevole dei possibili rischi, l’eventualità di un incidente a Chernobyl è bassissima. Ma Akimov e i suoi colleghi non conoscono il reattore così a fondo come credono. Sono le vittime di anni di coperture e negligenze. Infatti il direttore dei lavori dell’intero complesso di costruzione della stazione nucleare era sfinito e non vedeva l’ora di arrivare alla conclusione dei lavori.  Per esempio il tetto del reattore avrebbe essere costruito con materiale antincendio, ma questo materiale non esisteva e per il tetto fu usato un materiale combustibile. Di incidenti, non così gravi, ne sono accaduti spesso in altre centrali, ma sono stati rapidamente insabbiati. E ora a Chernobyl tutti i nodi stanno per venire rapidamente al pettine. Nel cuore del reattore sta succedendo qualcosa di grave, ma nessuno in sala controllo sembra rendersene conto. Le poche barre di boro ancora nel reattore sono inserite solo parzialmente. La potenza aumenta soprattutto nel punto caldo, dove i sensori non sempre riescono a rilevarla. A questo punto il reattore è una bomba pronta a esplodere.

 

Ore 1.17

Mancano sei minuti all’inizio del test vero e proprio. Dyatlov è sicuro che andrà bene. Nel frattempo, nel nocciolo del reattore continua ad aumentare la temperatura.

 

Ore 1.21

Il test ha lo scopo di interrompere l’afflusso di energia alla turbina facendola rallentare e attivando i generatori diesel di riserva. Perché entrino in azione tuttavia passano circa quaranta  secondi. Il punto è: in quel breve istante la turbina ormai rallentata riuscirà a far funzionare le pompe dell’acqua? Senza acqua il reattore potrebbe bollire a secco.

 

Ore 1.23

La potenza alla turbina viene interrotta. Nel giro di un minuto ha inizio una reazione a catena che porterà il reattore totalmente fuori controllo. Poiché le turbine rallentano, le pompe spingono una minore quantità d’acqua nel nocciolo del reattore. Quindi una quantità sempre maggiore di vapore viene generata da una quantità sempre minore di acqua. Con il passare dei secondi la pressione del vapore all’interno del punto caldo continua ad aumentare e il vapore raggiunge le pompe. A questo punto la pressione del vapore all’interno del nocciolo sta sollevando le coperture da 350 kg delle barre di combustibile fuori dai loro involucri. Gli ingegneri attivano la procedura di emergenza per ridurre la potenza. Così facendo le barre di controllo di boro si abbassano automaticamente riducendo la potenza, ma l’operazione produce un effetto imprevisto e letale. Le barre di boro sono fuori uso e l’energia aumenta vertiginosamente. Il reattore ora è come un vulcano pronto a esplodere. Con il coperchio completamente sollevato e l’aria risucchiata dal fondo il reattore si trasforma in una gigantesca fiamma ossidrica che disperde nell’ambiente 50 tonnellate di carburante nucleare.

 

Ore 12.00

Nella vicina città di Prypiat, situata a soli 5 Km dalla centrale, gli organismi repubblicani e provinciali, la Difesa Civile delle Repubbliche Sovietiche bielorussa e ucraina ricevono la relazione sull’esplosione e l’incendio alla centrale nucleare di Chernobyl nelle prime ore del mattino.

La polizia chiude la zona vietandone l’ingresso a tutti i mezzi di trasporto, ad eccezione dei mezzi di servizio.

Solo a mezzogiorno inizierà il monitoraggio della radioattività nella città e nei dintorni. I livelli di contaminazione radioattiva risultano subito molto elevati ma fortunatamente, a causa della mancanza di vento, ancora non estremamente diffusi. La Protezione Civile è pronta all’evacuazione della città, ma l’ordine, da parte del governo centrale di Mosca, tarda a venire.

 

Ore 22.00

Nella serata del 26 aprile, il livello di radioattività a Pripyat supera la radiazione di fondo naturale già di 1000 volte. Nonostante la situazione non abbia portato ancora all’allarme ufficiale, i fisici della commissione governativa raccomandano di evacuare gli abitanti.

Si decide di iniziare l’evacuazione il giorno successivo e per lo scopo le aziende di trasporto di Kiev organizzano più di mille autobus che arrivano sul posto a tarda notte.

 

27 aprile 1986

Ore 07.00

Il presidente della commissione governativa conferma la decisione di evacuare la popolazione di Pripyat. Intorno a mezzogiorno, viene informata la popolazione.

 

Ore 14.00

Quasi 1.200 pullman iniziano a trasportare gli abitanti di Pripyat fuori dalla città: sono passate più di trentasei ore dall’incidente.

 

28 aprile 1986

Il primo allarme in Europa arriva da Stoccolma e Helsinki, dove si registra un forte aumento del livello di radioattività. In Italia la notizia viene data dall’Ansa nel tardo pomeriggio. Le autorità sovietiche continuano a negare l’accaduto per l’intera giornata. Solo in serata la Tass, agenzia stampa sovietica, inizia a diffondere il seguente comunicato: “Un incidente si è prodotto nella centrale nucleare di Chernobyl, uno dei reattori atomici è rimasto danneggiato, misure vengono prese per liquidare le conseguenze del guasto,  ai colpiti viene prestato aiuto, è stata costituita una commissione governativa.” Il fatto che l’Unione Sovietica dichiari la costituzione di una commissione governativa fa capire al resto del pianeta che si è difronte a una vera e propria catastrofe.

 

29 aprile 1986

Il Cremlino chiede con urgenza assistenza e informazioni tecniche a Bonn e a Stoccolma. L’incidente, dice un secondo comunicato, ha provocato la “distruzione di parte delle strutture della costruzione”, il danneggiamento del reattore e la fuga di “una certa quantità di sostanze radioattive”.  I morti sono due.  Fonti occidentali parlano di 2.000 vittime, la CNN di 280. Evacuati gli abitanti di Chernobyl e di altri tre centri urbani nelle vicinanze. I sovietici hanno steso un cordone di sicurezza su un’area di trenta chilometri attorno alla centrale.

Secondo un funzionario del Pentagono, rimasto anonimo, si viene a sapere che dalle rilevazioni dei satelliti si nota la scomparsa totale del tetto della centrale atomica e il crollo di una parte delle pareti del reattore.

I venti che avevano portato la nube sul Nord-Europa cominciano a spostarsi portando l’aria contaminata verso la Polonia. Si comincia a temere l’arrivo della nube anche in Italia, prevista per i primi giorni di maggio.

 

30 aprile 1986

La nube radioattiva sorvola Austria, Svizzera e Jugoslavia. In Italia i primi segnali sono captati a Ispra (Varese) e Caorso (Piacenza). E’ arrivata prima del previsto, ma l’innalzamento rispetto al fondo naturale, fino a notte, si mantiene entro i limiti di 1,8 volte. Per l’Enea, un aumento anche di 5 o 10 volte è irrilevante ai fini sanitari.

Intanto l’Unione Sovietica conferma che i morti sono due e tenta di minimizzare l’accaduto. Il telegiornale della sera si apre con le immagini di Mosca imbandierata pronta a festeggiare il primo maggio. Solo più tardi appare la prima foto della centrale. Le vittime, secondo alcune testimonianze, sono centinaia e migliaia di capi di bestiame sarebbero morti in poche ore. Le autorità regionali hanno proibito la balneazione e la pesca nei fiumi.

 

1 maggio 1986

Purtroppo la nube investe in pieno la penisola e ci ristagna sopra. Quello che più preoccupa è l’accumulo sul terreno dello Iodio 131, un isotopo che entra facilmente nel ciclo biologico passando dal suolo alle piante, dagli animali fino all’uomo, depositandosi nella tiroide ed esponendo questo organo a piccole dosi di raggi gamma. Secondo una nota ufficiale della Protezione Civile è sufficiente lavare bene le verdure per evitare l’ingerimento di tale sostanza.

 

2 maggio 1986

Quantità apprezzabili di Iodio 131 vengono trovate nelle verdure e nel latte delle mucche che hanno pascolato all’aperto il primo maggio. “La situazione è sotto controllo”, dichiara la Protezione Civile nel primo pomeriggio. Ma il suggerimento di lavare bene la verdura si trasforma in un invito ad astenersi dal suo consumo. Il ministro della Sanità Costante Degan decide di convertire in ordinanza i consigli della Protezione Civile: per 15 giorni è vietata la vendita di verdure fresche a foglie e la somministrazione di latte fresco ai bambini fino ai 10 anni di età e alle donne in stato di gravidanza.

Ormai l’Unione Sovietica è costretta a rilasciare delle dichiarazioni ufficiali sull’accaduto e per bocca di Boris Eltsin, segretario del partito comunista per la regione di Mosca, ammette per la prima volta che l’incidente è stato provocato da un errore umano e che la zona intorno agli impianti è contaminata in modo grave.

 

3 maggio 1986

La nube sta per lasciare l’Italia ma molti mercati sono rimasti chiusi. In molte città non viene distribuito il latte fresco. Le scorte di latte a lunga conservazione nei supermercati finiscono presto insieme ai prodotti in scatola che possono sostituire la verdura fresca.

 

4 maggio 1986

Diminuiscono i livelli di concentrazione dello Iodio 131 nell’aria e nella vegetazione, aumentano invece nel latte.

 

5 maggio 1986

L’aria è più pulita, ma la pioggia aggrava la situazione. Nel giro di ventiquattro ore i livelli di radioattività nel terreno e nei vegetali sono quasi raddoppiati.

Il governo sovietico ammette per la prima volta che le radiazioni hanno oltrepassato la zona di 30 chilometri attorno all’impianto che è stata fatta evacuare.

Da questo momento per l’intero mese l’Europa è protagonista, con l’Italia in prima fila, di una serie di balletti. Verdura sì o no? Latte fresco o a lunga conservazione? La nube passa, ma la pioggia? Si accusano governi e ministri ora di minimizzare la questione, ora di esagerare con le misure precauzionali. Mosca si è chiusa a riccio e le informazioni arrivano con il contagocce.

 

14 maggio 1986

“Una sventura è scesa su di noi. Il peggio è passato, ma è ancora presto per dire la parola fine”. Alle nove e due minuti Mikhail Gorbaciov compare sui teleschermi dell’Urss rompendo un lungo silenzio. Parla per 27 minuti. Dichiara che l’incidente di Chernobyl è stato estremamente pericoloso, “per la prima volta abbiamo sperimentato quanto sia sinistra la forza dell’energia nucleare che sfugge al controllo”. Spiega che i morti finora sono nove, 299 le persone ancora in ospedale, “ma le misure prese hanno evitato un numero maggiore di vittime”.

Il Galileo