La Peste del terzo millennio: il virus Ebola

Come agisce e si diffonde – Quali le precauzioni e le terapie

Intervista all’infettivologo prof. Francesco Castelli tra i massimi esperti italiani

 

di Luisa Monini

 

 

Il virus letale di nome Ebola, dal fiume della Repubblica Democratica del Congo  (ex Zaire) dove per la prima volta fu isolato nel 1976, sta flagellando con furia apocalittica le popolazioni di Guinea, Liberia, Sierra leone e Nigeria e si appresta ad invadere anche  terre più lontane se non si attueranno al più presto misure preventive innalzando ai massimi livelli la guardia alle frontiere marittime e aereoportuali.

Margareth Chan (foto s sinistra), direttore generale dell’ OMS avverte che l’ isolamento dei casi sospetti alle frontiere deve essere immediato ed esteso a larga scala  “nessun  scandalo per eventuali falsi allarmi“.

Di fatto la peste del terzo millennio, come già viene ribattezzata l’Ebola, è letale per il 90% delle persone colpite. L’OMS denuncia ad oggi oltre 5.000 decessi e 13.703 casi censiti.

Per capire meglio questa malattia tropicale, della quale a mala pena sino a qualche settimana fa si sapeva che esistesse da qualche parte del mondo, e se il nostro Paese (e la nostra città) sono effettivamente a rischio considerando il grande flusso migratorio degli ultimi mesi, ne parliamo con il prof. Francesco Castelli, Ordinario di Malattie infettive, Spedali Civili di Brescia, Presidente Simet, Società Italiana di Medicina Tropicale e titolare della Cattedra UNESCO per aiutare i Paesi a risorse limitate, già Presidente di Medicus Mundi Italia per tre mandati consecutivi sino a tutto il  2011.

A lui, grande esperto e conoscitore della situazione sanitaria delle aree geografiche in questione chiediamo  se c’è una spiegazione sociale, culturale, antropologica per la quale il virus si è propagato cosi velocemente facendo strage di tante persone.

D. Che tipo di virus è l’ Ebola? Come si trasmette all’ uomo? Che periodo di incubazione ha? Come agisce? Con quali sintomi si manifesta e perché è mortale?

R. Il virus Ebola è un virus appartenente alla Famiglia dei Filovirus, nome che è stato attribuito a causa della forma filamentosa del virus stesso. Esistono 5 differenti specie di virus Ebola, con differente capacità di causare epidemia nell’uomo. Si ritiene che il serbatoio naturale del virus Ebola sia rappresentato da una Famiglia particolare di pipistrelli (Pteropodidae o “pipistrelli della frutta”) che può accidentalmente infettare l’uomo e altri animali (soprattutto primati quali gorilla, scimpanzé, etc.). La trasmissione da uomo ad uomo avviene poi mediante contatti stretti con i fluidi biologici (sangue ma anche altre secrezioni quali vomito, feci, urine, etc.) dei soggetti malati. E’ possibile la trasmissione anche mediante il contatto con oggetti contaminati quali lenzuola, materassi, garze contaminate, etc. Non è mai stata descritta una trasmissione per via respiratoria della infezione e si ritiene che i soggetti asintomatici in corso di incubazione non siano infettanti. Il virus agisce causando una febbre emorragica, con diminuzione della capacità coagulativa del sangue, emorragie interne ed esterne, alterazione della funzionalità epatica e renale, accompagnato da febbre e da intensi dolori muscolari e cefalea. Il periodo d’incubazione normale è di 1-2 settimane, anche se sono stati descritti casi d’incubazione più prolungata sino a 21 giorni. La letalità è molto elevata, sino al 90% registrato in alcuni focolai epidemici del passato.

D.      Quali sono le misure profilattiche che ci viaggia di frequente soprattutto in zone a rischio deve attuare per evitare di ammalarsi di malattie pericolose come l’ Ebola, appunto, ma anche la Malaria, la Dengue, la Sars e la sua nuova variante la Mers–CoV ed altre ancora?

R. Si tratta di patologie molto diverse, con vie di trasmissione differenti e che richiedono dunque comportamenti preventivi differenti. Per prevenire l’infezione da virus Ebola è sufficiente evitare i contatti con i soggetti malati e le loro secrezioni e con gli oggetti potenzialmente contaminati. Il rischio è sostanzialmente assente per il normale viaggiatore, ma può ovviamente interessare chi viaggia per scopi umanitari con contatto stretto con la popolazione affetta. La prevenzione della Malaria si realizza mediante la prevenzione del contatto con la zanzara Anopheles (zanzara notturna) e con la regolare assunzione di chemioprofilassi antimalarica e la prevenzione della Dengue – anch’essa trasmessa per via vettoriale – mediante la prevenzione del contatto con la zanzara Aedes (zanzara diurna). La SARS e la sua nuova variante Mers-CoV sono invece trasmesse per via respiratoria e dunque per prevenirle è necessario non entrare in contatto con potenziali malati. Tuttavia, mentre Malaria e Dengue sono rischi reali e concreti nelle aree endemiche, il rischio di contrarre SARS, MersCoV e – soprattutto – Ebola, è molto minore per i normali viaggiatori.

D.      Quanto è importante per il singolo e per la società il rispetto di queste regole?

R. Il rispetto delle norme preventive è essenziale per evitare brutte sorprese per il singolo. Solo a Brescia si registrano annualmente circa 60-80 casi di malaria ogni anno, che potrebbero essere evitati con il rispetto delle norme di prevenzione. Il rischio per la società è naturalmente la possibilità di causare casi secondari nella popolazione e negli operatori sanitari. Tale rischio è sostanzialmente assente per Malaria e Dengue, mentre ovviamente un’ eventuale caso di Ebola, SARS e Mers-CoV richiederebbe il ricovero in unità di isolamento e precauzioni particolari per evitare possibili casi di contagio secondario.

 Il prof. Francesco Castelli in un villaggio africano

D. L’Italia, per la sua particolare posizione nel Mediterraneo, che ne fa terra di approdo e di speranza per i tanti profughi che la raggiungono da ogni dove, è a maggior rischio rispetto ad altre Nazioni europee di importare casi di Ebola? Secondo lei esiste un “allarme Lampedusa”?

R. Il rischio di importazione di casi di Ebola in Europa è estremamente basso, e non passa comunque attraverso la immigrazione sulle coste di Lampedusa. E’ infatti necessario ricordare che il periodo di incubazione della infezione da virus Ebola è di 1-3 settimane al massimo, mentre i migranti che giungono sulle coste della Sicilia hanno invariabilmente storie di migrazioni di mesi prima di giungere all’imbarco e provengono normalmente dal corno orientale d’Africa e – più recentemente – dal Medio Oriente. Al momento attuale, le aree interessate dalla epidemia di Ebola sono Guinea Conakry, Sierra Leone, Liberia e – marginalmente – Nigeria (Africa Occidentale), ed essenzialmente le aree rurali di questi Paesi. Insomma, non esistono le condizioni epidemiologiche e biologiche perché il virus Ebola giunga a Lampedusa. Possono talora giungere migranti affetti da patologia infettiva respiratoria cronica, ma non certamente Ebola o SARS o Mers-CoV, i cui periodi di incubazione sono troppo brevi.

D. Cosa stanno facendo le Organizzazioni Governative e le ONG per arginare la diffusione del virus? L’epidemia in Africa potrebbe trasformarsi in una vera e propria pandemia? I CDC (Centers for Disease Control) di Atlanta, si occupano da anni di controllo e prevenzione delle malattie infettive investendo miliardi anche nella ricerca su Ebola. Di fatto ad oggi non esiste né vaccino né cura per Ebola?

R. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha emesso un comunicato con il quale si dichiara la epidemia di Ebola una Emergenza di Sanità Pubblica di interesse Internazionale. Si tratta del più alto grado di allerta che possa essere dato, a testimonianza della preoccupazione che l’epidemia in atto suscita in ambito internazionale. Sono state mobilizzate risorse e sono stati inviati tecnici ed esperti nel controllo di epidemie. Alcune Organizzazioni non Governative (ONG) sono direttamente su terreno – prima tra tutte Medici senza Frontiere – ed altre collaborano inviando aiuti economici.

D. Cosa pensa lei del siero ZMapp utilizzato, pare con successo, sui due missionari statunitensi rimpatriati dopo l'infezione?

R. Ad oggi non sono disponibili farmaci o vaccini efficaci nei confronti del virus Ebola. Trattandosi di un’infezione che era sempre stata confinata con relativamente pochi casi nelle aree rurali dei Paesi poveri la ricerca – che richiede sempre la mobilizzazione di ingenti capitali - non si era sostanzialmente mai interessata a questa infezione solo di recente il Governo degli USA aveva promosso la ricerca farmacologica nei confronti della infezione da virus Ebola e da altri agenti biologici potenzialmente in grado di dare epidemia. Il cosiddetto “siero ZMapp” è uno dei prodotti di questa ricerca, che ha ad oggi mostrato risultati incoraggianti nell’animale da esperimento (topi) e che si è rivelato in grado di prevenire la infezione se somministrato precocemente dopo il contagio nei primati (scimmie). Sino a poche settimane or sono non era mai stato utilizzato nell’uomo.  

Da quanto è possibile sapere è stato somministrato direttamente in Africa (e dunque relativamente precocemente) a due operatori umanitari americani, ma solo una volta arrivato a Madrid (dunque relativamente tardivamente nel corso dell’infezione) ad un anziano missionario spagnolo. I primi due sono sopravvissuti ed il terzo è deceduto. Comunque negli Stati Uniti, dove sono ancora ricoverate due infermiere che hanno contratto il virus dal “paziente zero” Eric Duncan, l'amministrazione Obama teme sempre più che Ebola diventi una pandemia globale e ha deciso di premere sull’acceleratore ordinando a diversi laboratori avanzati di produrre su vasta scala il siero ZMapp, di cui si sono esaurite le scorte.  

D. A che punto è lo studio sui vaccini?

R. Al momento attuale non sono disponibili vaccini anti-Ebola. Certamente questa epidemia costituirà un momento di accelerazione per il loro sviluppo, che tuttavia non potrà realisticamente realizzarsi prima di un paio di anni. 

D. Comunque chi potrà trarre giovamento da questi trattamenti prima che si possa arrivare ad una distribuzione su più ampia scala delle cure?

R. La Organizzazione Mondiale della Sanità, anche sulla spinta della opinione pubblica dei Paesi interessati che ritiene giustamente non etico limitare l’uso di farmaci sperimentali solo ai cittadini dei Paesi occidentali, ha rilasciato un comunicato in cui definisce etico l’impiego – in considerazioni dell’eccezionale evento epidemico di urgenza ed in determinate condizioni- di farmaci ancora non hanno terminato il percorso registrativo ma di cui esistono dati almeno preliminari di efficacia nell’animale da esperimento. In considerazione della estrema limitatezza delle scorte, tuttavia, tale disponibilità pone un ulteriore drammatico problema etico relativo alla selezione dei malati da trattare in priorità.

D. Nella sua grande esperienza, la salute pubblica mondiale dipende di più da forti investimenti nella ricerca anche se si tratta di malattie che sono tipiche delle zone povere del mondo o in investimenti su politiche preventive da attuare ovunque, paesi poveri e ricchi?

R. La ricerca medica è un vantaggio collettivo, sempre e per tutti. Tuttavia, nel caso specifico, è mia ferma convinzione che l’ epidemia potrà rallentare e spegnersi solo se verranno rispettate le consegne di sanità pubblica (isolamento dei malati, controllo alle frontiere, astensione dei riti tradizionali del lavaggio del corpo del defunto) e soprattutto se si creerà una sinergia tra popolazione e sistema sanitario, oggi visto da gran parte della popolazione come luogo dove si va a infettarsi e morire con la paradossale conseguenza che molti malati sono nascosti nelle famiglie perpetuando il ciclo del contagio. Questo è un segnale della scarsa fiducia della popolazione nei confronti della medicina curativa, soprattutto se gestita da personale espatriato occidentale, talora visto come “portatore di malattia”. Insomma la favola dell’untore al contrario. L’ educazione sanitaria della popolazione e degli operatori locali, unitamente ad un equo sviluppo dei popoli, sono la unica vera garanzia di poter prevenire e controllare evenienze simili oggi e nel futuro.

Il Galileo