Sotto l’egida dell’ONU

Giornata mondiale

contro la violenza sulle donne

 

di Magali Prunai

 

25 novembre 2014, Mondo: si è celebrata contemporaneamente in tutto il mondo la giornata contro la violenza sulle donne organizzata dall’ONU. Una data non scelta a caso. E’ il 1960, il 25 novembre del 1960, quando un commando dell’esercito dominicano violenta e uccide tre sorelle, le sorelle Mirabal, emblema della lotta politica contro il dittatore Trujillo (foto sotto, a destra).

L’ONU, attraverso una risoluzione del dicembre del 1999, invita gli Stati a intraprendere iniziative e campagne di sensibilizzazione il 25 novembre di ogni anno per lottare contro la violenza subita dalle donne ogni giorno, in ogni parte del mondo.

Il 25 novembre non deve essere un novello 8 marzo, non deve essere svuotato di valore e significato con una misera rosa portata in regalo a una donna per “onorarla” in quella giornata e “disonorarla” il resto dell’anno. Deve essere una data in cui tutti, donne, uomini e bambini, devono prendere consapevolezza del problema, comprenderlo, studiarlo e cercare o trovare un modo per combatterlo e sconfiggerlo.

“Combatterlo o sconfiggerlo”, non è semplice, non sarà immediato, ma non impossibile. Riuscire a farne parlare il maggior numero possibile di persone, nello stesso momento, in parti diverse del mondo, è già un primo passo verso un qualcosa che ancora non è certo e chiaro, ma che un giorno sarà, si spera, una parziale o definitiva eliminazione delle violenze di genere.

Quando si parla di violenza di genere, di donne sfruttate, perseguitate, malmenate, insultate, denigrate, torturate fisicamente e psicologicamente, violentate si pensa sempre a situazioni lontane dal nostro mondo, dalla nostra realtà di paese del c.d. primo mondo, di paese occidentale. Si pensa sempre che le donne in condizioni peggiori siano quelle che vivono in situazioni di guerre, nei paesi definiti di terzo mondo, non economicamente sviluppati, con una forte componente religiosa che vede nella donna e nel suo corpo una tentazione diabolica e, pertanto, è necessario umiliarla.

Ma le violenze, di ogni tipo, avvengono ovunque e in ogni momento. Nei democraticissimi Stati Uniti; nel caro vecchio mondo, l’Europa; ma anche nei paesi emergenti come la Cina, dove in un passato non troppo lontano alle neonate venivano fasciati i piedi per questioni estetiche, creando problemi irreparabili nella postura e nella salute, dove la nascita di una bambina nelle campagne era vista come una disgrazia perché meno abile di un uomo al lavoro e dove ancora e soprattutto oggi è possibile riscontrare delle contraddizioni insuperabili fra le città, ormai occidentalizzate, e le campagne più povere e più lontane dall’industrializzazione e modernizzazione, dove le donne non vengono istruite e sono del tutto schiavizzate ai bisogni degli uomini.

 

Il 24 novembre, nella conferenza stampa tenutasi a New York per presentare la giornata di quest’anno, la vice segretario generale dell’ONU e direttore esecutivo di UN Women, Michelle Bachelet (a sinistra), ha affermato che, nonostante i notevoli progressi portati avanti dalle politiche nazionali volte a ridurre la violenza sulle donne, è necessario ancora molto lavoro. Più di cento paesi, purtroppo, sono privi di una legislazione specifica contro la violenza domestica e più del 70 % delle donne nel mondo sono state vittime nel corso della loro vita di violenza fisica o sessuale da parte di uomini.

Le violenze influiscono negativamente sui risultati scolastici delle donne, sulle loro capacità di successo lavorativo e sulla loro vita pubblica, allontanando la società dal raggiungimento di una parità nelle politiche di genere.

Ma la violenza non è solo quella sessuale, non è solo la denigrazione psicologica effettuata da un compagno o da un padre; ma anche discriminazioni sul lavoro, ammiccamenti da parte di colleghi o del capo, differenze basate sul genere nel percorso di studi, nella carriera.

Come detto prima, si pensa sempre che una donna sfruttata e discriminata viva in un paese dalla democrazia precaria, in condizioni di guerra permanente e ignoranza diffusa. Ma qualsiasi donna, in qualsiasi parte del mondo, affronta guerre quotidiane anche se non combattute con le armi. La guerra di camminare per la strada libere, senza essere oggetto di apprezzamenti; la guerra di poter lavorare e avere una famiglia e non dover fare la scelta fra figli e carriera. Del resto, come possiamo definire civile, democratico e colto un paese, un qualsiasi paese del mondo, che non garantisce, se non sulla carta, pari diritti, pari dignità a ogni suo cittadino, a chiunque transiti anche solo temporaneamente sul suo suolo?

“Per tutte le violenze consumate su di Lei, per tutte le umiliazioni che ha subìto, per il suo corpo che avete sfruttato, per la sua intelligenza che avete calpestato, per l’ignoranza in cui l’avete lasciata, per la libertà che le avete negato, per la bocca che le avete tappato, per le ali che le avete tagliato, per tutto questo: in piedi Signori, davanti a una Donna!” W. Shakespeare (immagine a destra).

Il Galileo