Il Travaso delle idee

tra umorismo e satira

Il settimanale satirico-umoristico italiano più longevo fu fondato nel 1900 da Tito Livio Cianchettini, filosofo da marciapiede – Sopravvisse con alterne vicende fino agli anni 80

 

di Giuseppe Prunai

 

 

Il “Travaso delle idee” è stato senz’altro il più longevo dei settimanali italiani umoristico-satirici.  Il primo numero è datato 25 febbraio 1900 ed uscì fino al giugno del 1944 per ricomparire il 14 giugno 1946 con il sottotitolo “organo ufficiale delle persone intelligenti”, probabilmente dettato da quel clima qualunquista, diffuso nella società italiana del dopoguerra e ispirato da Guglielmo Giannini (il suo settimanale, L’Uomo Qualunque, esce nel dicembre del ’44), in polemica con il proliferare delle testate di partito.

Con alterne fortune, Il Travaso visse fino al gennaio 1966. Inutile ogni tentativo di risuscitarlo. Nel 1973, con “Il dito nell’occhio – Il Travaso” al quale collaboravano Dario Fo e Pino Zac, e nel triennio 1986-88 con un’altra iniziativa  che non ebbe fortuna. I tempi erano cambiati, era cambiato il gusto della gente. La satira si andava pian piano spalmando sulla stampa quotidiana e periodica e, soprattutto, in TV. Prima timidamente, con le imitazioni di Alighiero Noschese, poi con le satire sempre più dure fino a quelle di Neri Marcoré, dei Guzzanti, di Crozza, di Serena Dandini e Dario Vergassola.

Il mezzo televisivo e la rete hanno finito per ammazzare la stampa satirica un po’ in tutta Europa, basti pensare al celebre “Punch” inglese. Praticamente, sono sopravvissuti solo due settimanali satirici: “Il vernacoliere”, con forti connotazioni labroniche, ed il francese “Le Canard enchaîné “ .

Racconta  Alceste Trionfi, che fece parte del primo staff del settimanale che quando un gruppo di  “scapigliati” romani, nel 1900, decise di dar vita ad un settimanale satirico-umoristico, la scelta del titolo cadde sulla testata di cui fu animatore il Cianchettini (foto a destra), la macchietta di fine secolo. Il Cianchettini era uno strano personaggio, con alcune rotelle fuori posto, nato a Monte San Giusto, nelle Marche, nel 1821, e morto a Roma proprio nel ‘900. Gli scapigliati romani lo avevano definito un “filosofo da marciapiede”. Insofferente di ogni disciplina e di ogni imposizione, aveva girovagato un po’ per l’Italia. Lo troviamo a Orvieto, ospite di parenti, poi a Genova, a Pavia, dove sbarcava il lunario facendo, come lui diceva, il “casermiere”, cioè faceva parte del personale di pulizia di non so quale caserma. Probabilmente era un “famiglio” dell’Esercito. Fu a Pavia che cominciò a pubblicare la sua testata che lui stesso – come i giornalisti che si vedono nel film western – scriveva, componeva, stampava e vendeva agli angoli delle strade. Il titolo esatto del primo numero (16 agosto 1869)  fu: “Il Travaso d’idee nella mia recipiente testa, fatto dai corpi animati ed inanimati – Travaso nell’altrui recipiente testa”. Già questo era sufficiente a suscitare ilarità, mentre il motto “Accidenti ai capezzatori” creava curiosità.  I “capezzatori”, spiegava il Cianchettini, erano tutti coloro che mettevano la “capezza” (cioè la cavezza, la briglia) al popolo. Una sentenza vagamente libertaria che richiamò l’attenzione delle autorità, sempre pronte a reprimere la diffusione delle idee socialiste – una repressione che culminò, 30 anni dopo, con le cannonate di Bava Beccaris.  Da Pavia, il Cianchettini si trasferì armi e bagagli a Milano, dove prese a vendere Il Travaso da un’edicola di legno che tutti i giorni montava e smontava, infine a Roma, dove andò ad arricchire il ventaglio di macchiette che animò la scena romana di fine ‘800 e primo ‘900, come lo pseudo generale “Mannaggia la rocca”, il Conte Tacchia, il Sor Capanna, per citare i più noti. Ma a Roma, dove sperava di trovare finalmente  riconoscimenti e guadagni , il Cianchettini morì di polmonite e di stenti.

Di un simile personaggio, si finisce per avere nostalgia. Fu così che gli scapigliati romani,  guidati da Filiberto Scarpelli, Carlo Montani, Marchetti, Tolomei e Yambo, decisero di chiamarlo “Il Travaso”, in ricordo del Cianchettini, del quale fu anche realizzato un busto in gesso che troneggiava in redazione. Il giornale venne diretto per lungo tempo da “Guasta” (Guglielmo Guastaveglia). Nel periodo fascista direttore fu  Pietro Silvio Rivetta che, con lo pseudonimo di Toddi, fu uno dei maggiori esponenti della letteratura surrealista italiana. Al settimanale collaborarono alcune delle migliori firme del tempo come Gandolin (Luigi Arnaldo Vassallo), Guido Vieni (Giuseppe Martellotti), Giulio De Frenzi (Luigi Federzoni), Caramba e Yorick (Piercoccoluto  Ferrigni), Manca, De Rosa, Daniele Fontana, Luigi Bompard. Una delle rubriche più seguite era quella dedicata alle "pubbliche proteste" di Oronzo E. Marginati, pseudonimo di  Luigi Lucatelli. Nel dopoguerra il periodico fu una vera e propria fucina di talenti dell'umorismo e della vignettistica italiana, ospitando racconti e disegni di molti artisti di vaglia, come Attalo, Mameli Barbara, Giorgio Cavallo, Enrico De Seta, Luigi De Simoni, Folco, Alberto Fremura, Giammusso, Gianni Isidori, Jacovitti, Kremos, Alberto Mastroianni, Giuliano Nistri, Umberto Onorato e Furio Scarpelli.

Il Galileo