La confusione dei calendari

Non sempre la misurazione del tempo

rispetta la rivoluzione della terra attorno al sole

 

di Magali Prunai

 

Papa Gregorio XIII padre del calendario moderno

Il tempo è un concetto filosofico molto studiato e analizzato in tutte le sue forme e in tanti modi. Filosofi, matematici, letterati hanno affrontato la tematica “tempo”. Il bianconiglio in “Alice nel paese delle meraviglie” è sempre in ritardo, corre guardando il suo orologio da taschino in un mondo misterioso, incantato, partorito dalla mente fantastica di Alice che, addormentatasi, si incuriosisce a vedere un coniglio parlante, tutto elegante con panciotto e occhialetti. Esattamente come Momo di Ende che si ritrova a combattere contro i signori del tempo, metafora della frenesia del mondo moderno che procura stress e impegni che sottraggono tempo da dedicare ad attività diverse dal lavoro. (Foto a sinistra la bollapapale con qualefu istituito il calendario gregoriano)

Ma lo studio del tempo, del suo scorrere non è una novità degli ultimi secoli. Fin da sempre l’uomo ha cercato di quantificarlo con dei calendari. Gli egizi, ad esempio, avevano un calendario molto simile a quello che noi usiamo attualmente: un anno di 365 giorni, 12 mesi da 30 giorni ciascuno più 5 giorni complementari. Si narra, poi, che quando Romolo fondò Roma l’anno fosse di 304 giorni, suddiviso in 10 mesi di 30 e 31 giorni. L’anno iniziava a marzo, gennaio e febbraio non esistevano e i mesi prendevano il nome a seconda della posizione numerica che occupavano. Settembre era il settimo mese, ottobre l’ottavo e così via, tanto che ancora oggi i loro attuali nomi arrivano da quella numerazione. In epoche successive il quinto mese fu dedicato a Giulio Cesare, poiché si trattava del suo mese di nascita, prendendo il nome di Julius (luglio), mentre il mese successivo venne dedicato a Cesare Augusto, prendendo il nome di Augustus (agosto). Si narra che fu il secondo re di Roma, Numa Pompilio, ad aggiungere due mesi al calendario, gennaio e febbraio, portando l’anno a 355 giorni. La discrepanza fra anno civile (quello regolato dall’uomo con la misurazione del tempo) e anno solare (periodo compreso fra due passaggi successivi del Sole all’equinozio di primavera) si fece ben presto sentire, portando un notevole caos nell’andamento delle stagioni che non corrispondeva alle date sul calendario. Fu così che ogni due anni si aggiungeva un tredicesimo mese di 22 o 23 giorni. Ma il sistema non si rivelò efficace.

Nel 46 a.C. Giulio Cesare propose una riforma della numerazione del tempo, sotto consiglio di astronomi, filosofi e matematici: il calendario giuliano. Stabilì che l’anno in corso durava 445 giorni e lo chiamò “ultimus annus confusionis”. Dopo di che stabilì la durata di un anno di 365 giorni e che ogni quattro anni si doveva aggiungere un giorno supplementare. Il calendario giuliano era diviso in 12 mesi, di 30 e 31 giorni, febbraio si alternava fra 29 e 30 giorni e il giorno aggiuntivo cadeva sei giorni prima delle calende di marzo.

Morto Giulio Cesare vennero commessi molti errori, aggiungendo l’anno bisestile ogni tre anni anziché ogni quattro. Fu solo Augusto, nell’8 a.C. a porre rimedio eliminando per tre anni l’anno bisestile. In quest’occasione il Senato dedicò un mese ad Augusto, uno a Giulio Cesare, tolse un giorno a febbraio portandolo a 28 giorni e lo aggiunse ad agosto che da 30 divenne un mese da 31 giorni e, inoltre, venne cambiata la durata degli ultimi quattro mesi per non averne in successione così tanti con lo stesso numero di giornate. Insomma, per rimediare ai pasticci precedenti ne vennero fatti tanti altri.

Papa Gregorio XIII cercò, molto dopo, di porre rimedio facendo coincidere il più possibile l’anno civile a quello solare, non riuscendoci completamente neanche lui. Il suo calendario, quello gregoriano e tutt’ora in vigore, stabilì che l’anno con un giorno in più sono quelli divisibili per 4 e che non terminano con due zeri e tutti quegli anni che, terminando con due zeri, sono divisibili per 400. Si tentò di porre rimedio ai pasticci precedenti eliminando dieci giorni dall’anno in cui entrò in vigore la riforma. Si andò a dormire la sera del 4 ottobre 1582 e ci si risvegliò il 15 ottobre.

Un curioso almanacco svedese nel quale compare il 30 febbraio

Ed ecco che nel lungo periodo si sono verificati dei problemi anche con questo calendario. Infatti se l’anno civile è di 365 giorni, quello solare è di 365 giorni, 6 ore, 9 minuti e 10 secondi, ovvero il tempo che occorre alla Terra per compiere la sua rivoluzione intorno al Sole. Se l’anno solare è il periodo compreso fra due passaggi successivi del Sole all’equinozio di primavera, ovvero fra una primavera e quella dell’anno successivo, si verifica a un certo punto che la data di questo equinozio cambia. E se tradizionalmente diciamo sempre tutti che la primavera inizia il 21 di marzo, fino al 2020 sarà anticipata di un giorno.

20 o 21 marzo che sia la sostanza non cambia, le ore di luce sono in aumento così come il caldo.

Il Galileo