Maremoto:

un’onda di distruzione e morte

Un fenomeno noto fin dall’antichità narrato dagli storici, primo fra tutti il greco Tucidide

 

di Giuseppe Prunai

 

“Sono convinto che il fenomeno si possa interpretare in questo modo: nel punto preciso in cui il sisma sferra più a lungo tutta la sua violenza, provoca un riflusso del mare che, risospinto nuovamente indietro, s’abbatte con accresciuto impeto: onde il flutto immenso. Ma se la terra non vibra non credo che questo evento possa verificarsi”. 

Così lo storico greco Tucidide (nato nel 460 a.C. circa – morto dopo il 404 a.C.)  nella sua “Guerra del Peloponneso”  (libro III, cap. 89, traduzione di Ezio Savino, Ed. Garzanti) descrive il maremoto, lo tsunami che devastò le coste greche e alcune isole dell’ Egeo nel quinto secolo a.C. (Immagine a sinistra: il busto di Tucidide)

Lo storico prosegue descrivendo gli effetti del maremoto.

“Per l'insistenza delle scosse, a Orobia,  una località dell’ Eubea, il mare dopo essersi ritirato da quella che era prima la terraferma, rovesciò un formidabile flutto su un  settore della città:  da un lato il suolo rimase sommerso dalla massa d'acqua che, dall'altro, tornò a rifluire.  Ancora oggi  si estende il mare dove prima v’era la terra. Gli abitanti che non furono lesti a scalare le alture circostanti perirono.  Un maremoto analogo investì anche Atalante,  l'isola presso i Locri Opunzi. Diroccò un'ala del forte ateniese, sfasciando anche una delle due navi che erano state tirate in secco. Anche a Pareto, un'isola, si verificò un caso simile di reflusso marino cui tuttavia non tenne dietro la piena della marea.  E una scossa sismica atterrò un lato del fortilizio, il pritaneo e qualche altra casa”.

La storia del Mediterraneo è costellata di simili fenomeni, fin dall’antichità. Nel 1627 a.C. l’esplosione vulcanica dell’isola di Thera  (l’attuale Santorini), che  produsse onde alte 50 metri, segnò la fine della civiltà minoica. Ricordiamo anche quella del 365 d.C. che devastò Alessandria d’Egitto provocando almeno 50.000 morti. E il maremoto che nel 1755 seguì ad un sisma di magnitudo 9 che distrusse Lisbona. A circa 40 minuti dal terremoto, tre ondate di oltre 10 metri si riversarono sul porto e nel letto del fiume Tago. Le vittime furono quasi 100.000 solo nella capitale alle quali debbono aggiungersi altre decine di migliaia di sulle coste  di Portogallo, Spagna e Marocco.

Un brano di Tucidide in cui descrive i maremoti dei suoi tempi

Molti maremoti, definiti con nomi diversi, sono descritti nell’Odissea e nei poemi del cosiddetto Pseudo Omero che narrano il ritorno in patria degli eroi greci dopo la caduta di Troia.

Numerosi di questi fenomeni hanno interessato le coste italiane, soprattutto nel Meridione, ma neppure le coste adriatiche sono state risparmiate.

I morti nel maremoto a Messina

Scarse le notizie sullo tsunami vesuviano del 79 d.C. le cui onde impedirono a Plinio il Vecchio di attraccare con la sua nave come ci riferisce in una circostanziata cronaca Plinio Il Giovane. Tutta da valutare l’ipotesi di un maremoto che avrebbe colpito la Sardegna meridionale. Dal golfo di Cagliari, il mare avrebbe invaso il Campidano ponendo fine alla civiltà nuragica. A sostegno dell’ipotesi, tracce di fanghiglia, detriti e microorganismi marini ritrovati sui nuraghi a quote basse mentre quelli più in alto ne sono privi.  Secondo alcuni autori, questa regione sarebbe la mitica Atlantide vagheggiata da Platone.

I resti di un nuraghe: sarebbe stato distrutto da un violento tsunami

L’evento più recente verificatosi in Italia è quello del 30 dicembre 2002 nell’isola di Stromboli. Una frana lungo la sciara del fuoco generò un  maremoto con onde di 11 metri.

Ma il maremoto più disastroso che abbia interessato il nostro paese è quello del 28 dicembre 1908 seguito al terremoto di Messina. Dopo il sisma, il mare si ritirò per poi abbattersi sulle coste siciliane e calabresi con almeno tre grandi ondate che raggiunsero i 13 metri. I morti furono almeno 100.000.

Il Galileo