Onde gravitazionali:

cosa sono, cosa fanno

di Irene Prunai

Le onde gravitazionali

Le onde gravitazionali sono increspature, deformazioni della curvatura dello spazio-tempo che si propaga come un’onda. Sembra fantascienza ma in realtà l’esistenza delle onde gravitazionali fu prevista nel 1916 da Albert Einstein come conseguenza della sua teoria della relatività generale ed è stata confermata nel settembre del 2015. Oggi questa scoperta, o per meglio dire, questa conferma, è valsa un premio Nobel per la fisica agli scienziati Rainer Weiss, Barry C. Barish e Kip S. Thorne.

Ma cosa sono in realtà queste onde? Riuscire a immaginarle non è una cosa semplice. Potremmo pensarle come delle tracce di vibrazioni che permettono di osservare la distorsione dello spazio-tempo, compresso e dilatato dalle perturbazioni della forza di gravità, che si propagano per l’Universo. Le sorgenti di queste onde sono in genere grandi masse che subiscono grandi accelerazioni. Per capirci meglio, possiamo pensare ai buchi neri (sistemi binari di buchi neri), che orbitando l’uno attorno all’altro fino a collidere generano questo fenomeno. Un’altra fonte tipica di onde gravitazionali sono le stelle di neutroni, corpi molto densi che ruotano su loro stessi ad altissima velocità. Inoltre non possiamo dimenticare le supernovae, ovvero le stelle in fin di vita, che generano onde intense e brevi chiamate burst. Quando Einstein ipotizzò queste onde come conseguenza della relatività generale, causò una rivoluzione in ambito scientifico. La gravità non era più da considerarsi come una forza tra oggetti distanti, ma piuttosto come un effetto geometrico in grado di deformare il tessuto spazio-temporale.  Quindi se la gravità era in grado di creare delle increspature, allora queste onde probabilmente erano in grado di propagarsi. Einstein però non fu mai del tutto convinto della sua teoria.

Dobbiamo aspettare gli anni ’70 per cominciare ad avere delle prove dell’esattezza di questa teoria. In quegli anni, due scienziati, Russell Hulse e Joseph Taylor,  osservando delle pulsar, si accorsero che quelle stelle avvicinandosi rallentavano perché perdevano energia producendo onde gravitazionali. Questa deduzione valse ai due scienziati il Nobel per la fisica nel 1993.

Rilevare il fenomeno è particolarmente difficile perché nei miliardi di anni che le onde impiegano a raggiungerci, l’increspatura che producono si riduce talmente tanto da diventare una distorsione più piccola del diametro di un protone.

L'impianto Virgo, a Cascina, in provincia di Pisa

 I rilevatori più avanzati usano dei sistemi ottici fatti da due gallerie disposte ad angolo retto, come ad esempio LIGO, l’osservatorio del Caltech (California Institute of Technology) e del Mit (Massachussets Institute of Technology). Dal vertice di questo angolo parte un doppio fascio laser che si divide per i due tunnel. Arrivati in fondo ogni raggio è riflesso da uno specchio e torna indietro per ricombinarsi con l’altro. Quando i due raggi si riuniscono si annullano a vicenda tranne nel caso in cui una leggerissima vibrazione riesca a spostare uno dei due specchi. Quello è il segnale che gli scienziati attendono con ansia.

In Italia, l’Infn ha uno strumento analogo: VIRGO. Dal 2017 VIRGO lavora in tandem con LIGO e quindi possiamo dirci ancora più felici per questo premio Nobel, perché in fondo abbiamo dato anche noi un piccolo contributo.

Il Galileo