Dal 1 luglio di quest’anno, Giuseppe Remuzzi è il nuovo direttore dall’istituto Mario Negri. Dopo 57 anni, Silvio Garattini, nominato presidente del CdA, gli ha passato il testimone e con esso la guida di un istituto che dai 22 giovani ricercatori dell’inizio in Via Eritrea (Milano) è arrivato agli oltre 700 ricercatori delle attuali tre sedi. In questo articolo, una sintesi di oltre mezzo secolo di attività.

 

 

Sei parole chiave per il futuro

 

di  Silvio Garattini*

 

 

 

La ricerca scientifica è nel nostro Paese sempre più abbandonata, come se fosse un’ inutile spesa anziché un investimento essenziale per lo sviluppo dell’Italia e, nello specifico caso del settore biomedico, una necessità per assicurare evidenza agli interventi per mantenere o ripristinare la salute.

In particolare per le istituzioni di ricerca no profit come l’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri – IRCCS, il futuro non è brillante e richiede quindi un impegno da parte di tutti per continuare ad esercitare la sua missione che, oltre alla ricerca, riguarda anche la formazione e la informazione del pubblico. Propongo perciò di inquadrare una visione del futuro intorno a 6 parole che aggiornano e amplificano quanto il ”Mario Negri” ha cercato di fare nei 55 anni della sua attività.

 

Silvio Garattini

1)      Indipendenza

Ovviamente dal profitto, data la collocazione fra la Fondazione, ente no-profit, ma in un modo molto ristretto, perché ad esempio l’Istituto ha rinunciato al transfer tecnologico per ottenere brevetti, ma preferisce pubblicare i risultati ottenuti, perché vengano utilizzati da tutti. Non ha mai partecipato a start-up o simili iniziative. Non ha mai ottenuto più del 10 % da una singola fonte di finanziamento che non sia una donazione o un’eredità. E’ importante che l’indipendenza non riguardi solo gli aspetti economici ma riguardi anche l’indipendenza dalle mode e dai propri pregiudizi. Nelle collaborazioni, soprattutto di natura clinica, è bene continuare a mantenere la proprietà dei dati fino alla pubblicazione, per metterli poi a disposizione di tutti anche nei dettagli. L’indipendenza deve continuare a essere effettiva nei confronti della politica e dei partiti, dei Ministeri, della Finanza e dell’Industria. E’ l’indipendenza che ci renderà credibili agli occhi del pubblico e che genererà fiducia in tutte le nostre iniziative. Particolarmente attenta deve essere l’indipendenza nei confronti dell’industria farmaceutica anche se ciò può comportare la rinuncia a supporti economici. Spesso l’indipendenza richiede anche posizioni contrarie a quelle correnti e popolari. Non dobbiamo avere paura a esporci, anche con sacrifici personali, se siamo convinti che ciò sia utile per il bene comune. Indipendenza tuttavia non vuol dire isolamento, ma collaborazione e condivisione.

 

2)      Condivisione

Non siamo soli, ma viviamo in un contesto che diventa sempre più globale. Abbiamo in Italia buoni ricercatori con buona produttività, ma occorre ricordare che per affrontare problemi importanti di salute le “buone teste” sono necessarie ma non sufficienti, perché oggi e sempre più in futuro avremo bisogno di “masse critiche” rappresentanti saperi diversi. Per questo occorre migliorare la condivisione delle conoscenze al nostro “interno” a livello dei laboratori, dei dipartimenti e delle sedi. Dobbiamo avere presenti le nostre competenze per poterle cooptare nella preparazione dei progetti di ricerca, condividendo anche i fondi disponibili, attuando sempre di più il sistema dei vasi comunicanti. Maggiore comunicazione interna, condividendo progetti e articoli scientifici, maggiore utilizzo delle tecnologie disponibili con spirito di servizio. Forti di una condivisione interna, possiamo essere sempre più collaborativi con l’esterno: reti IRCCS, studi clinici controllati, raccolta dati dalla realtà clinica del Servizio Sanitario nazionale, compilazione di registri. E poi, ovviamente, l’internazionalizzazione. E’ importante essere presenti in Europa per ottenere le necessarie risorse economiche, ma ricordiamoci che il futuro sarà in Cina.

 

3)      Ricerca

E’ la nostra ragione d’essere. Nel formulare i nostri progetti occorre “pensare in grande”, porci domande di salute importanti, seguire un’adeguata metodologia e considerare non solo la significatività statistica, ma anche quella biologica e terapeutica. I tempi stanno cambiando e sempre più si dovrà essere capaci di integrare studi in silico, in vitro, in vivo, sperimentali e di popolazione. In tempi passati la ricerca si svolgeva cercando l’effetto dei farmaci sulla funzione per poi analizzarne i meccanismi, oggi è sempre più presente la ricerca di un effetto sul target per poi stabilire come questo effetto incide sulla funzione. C’è spazio per un’integrazione tra questi due approcci. Dobbiamo essere capaci di integrare gli omics, mettendo insieme genomica, trascrittomica, proteomica e metabolomica. Come pure il futuro è l’integrazione fra immagini e molecole. Abbiamo perso e dovremmo reintegrarle due aree: l’immunologia e e malattie mentali. Sono essenziali per il futuro. Non abbandoniamo la farmacologia: è il “carrefour” della medicina. E’ il farmaco che avvalora le ipotesi sui meccanismi, è la concentrazione del farmaco che ne giustifica gli effetti. Non dimentichiamo la farmacocinetica in rapporto con l’età e il genere, perché è la modalità attraverso cui migliorare dose e tempi di somministrazione.

Il mercato della medicina tende ad esaltare i benefici e a dimenticare i rischi. Ricordiamo sempre che i farmaci hanno due facce: non esistono farmaci innocui. Per questo dobbiamo studiare le politerapie caratteristiche degli anziani, per capire quanto siano veramente utili. Dobbiamo aumentare l’interesse per i confronti tra farmaci per stabilire quando si hanno vantaggi e quando si tratta solo di copie o di “cattive” copie.

 

Giuseppe Remuzzi

4)      Giovani

Quando abbiamo iniziato le attività del “Mario Negri” molti avevano pronosticato la nostra rapida “fine” perché i giovani non sarebbero venuti da noi. Per fortuna hanno sbagliato. Gli oltre 7000 giovani che sono passati in Istituto per la formazione sono stati e sono la nostra ricchezza, perché sono i giovani ad avere idee fresche e spesso in contrasto con le nostre, producendo in questo modo progresso. Dobbiamo continuare in questo modo per mantenere un clima giovanile in cui senior e junior sviluppano insieme la loro formazione, che deve essere continua, per tutta la vita. I senior devono continuamente guadagnarsi autorevolezza attraverso il loro impegno continuo e l’attenzione per i giovani. Se ne riceverà molto più di quanto si doni.

 

5)      Pubblico

Vuol dire il mondo che ci circonda e particolarmente il popolo italiano, che ha bisogno di migliorare la sua cultura scientifica. I casi Di Bella, Stamina, No-Vax sono esempi di un Paese frutto di una cultura letterario-filosofica-artistica, che non ha ancora incorporato le conoscenze che derivano dalla scienza. Dobbiamo promuovere i principi della scienza, sperando che la scuola italiana si decida, fin dai suoi primi livelli, a inserire la cultura scientifica. Già Federico Cesi, il fondatore dell’Accademia dei Lincei, diceva alla fine del 1500 “non basta acquisire la conoscenza delle cose, ma bisogna diffonderla tra tutti gli uomini, anziché riservarla alla élite dei dotti; i risultati della scienza devono essere portati a conoscenza degli uomini a voce e con gli scritti, pacificamente e senza recar danno”. Deve essere il nostro obiettivo!

 

6)      Passione

Dobbiamo sentire il privilegio di essere ricercatori perché siamo sempre ai confini della conoscenza. Chi non sente questo privilegio è bene che cambi mestiere! La ricerca è totalizzante e l’entusiasmo è contagioso. Senza questo entusiasmo è difficile trascinare i giovani. La passione è il contrario della burocrazia, semplifica le regole perché le supera e facilita la reciproca fiducia nel lavoro di gruppo. La vera passione è sorretta dal dubbio perché ricerca la certezza. E’ sorretta dalla tenacia, perché richiede spirito di sacrificio, perché la ricerca è fatta di “trials and errors” ma si illumina quando si avvicina “al vero”. E’ sorretta dall’umiltà, perché sappiamo troppo poco e ogni conoscenza apre le porte alla nostra ignoranza.

 

*Presidente dell’Istituto di ricerche farmacologiche “Mario Negri IRCCS”

Articolo rilanciato per gentil concessione della direzione del mensile “Negri News”

Il Galileo