Un grave lutto ha colpito la nostra

collaboratrice Luisa Monini: è deceduto

suo marito, Giorgio Brunelli, ricercatore,

chirurgo ortopedico e pioniere della microchirurgia.

La redazione tutta de Il Galileo si associa al cordoglio

di Luisa e propone a suoi lettori questo articolo

da lei scritto in ricordo del marito

 

 

GIORGIO BRUNELLI

 

Ogni campo, ogni disciplina ha i suoi Mastri

GIORGIO BRUNELLI, chirurgo eclettico, rimarrà nella storia della Medicina perché grande ortopedico, pioniere mondiale della microchirurgia, ricercatore appassionato del Sistema Nervoso Centrale e della sua plasticità

 

 

Giorgio Brunelli con Rita Levi Montalcini e la moglie, Luisa Monini 

L’ intelligenza, non solo nelle derive estreme proprie del genio, è una qualità che spesso si declina nei modi più disparati ed impensabili.

Così è stato per Giorgio Brunelli, ortopedico e microchirurgo di fama internazionale, pioniere in svariati campi della chirurgia ortopedica, della microchirurgia ed implantologia, sino ad arrivare dalla ricerca applicata a quelle di base nella cura delle lesioni del midollo spinale.

Un’ attività, quella di Brunelli, riconosciuta ed apprezzata a livello internazionale tanto da ricevere attestati di stima da premi Nobel come Rita Levi Montalcini che lo candidò al Premio Nobel per la Medicina per i contributi dati alla ricerca di base e applicata nella conoscenza del S.N.C. , infrangendo i luoghi comuni che volevano il cervello organo di pertinenza solo di pochi eletti (neurologi, anatomici, neurochirurghi, fisiologi e pochi altri)

“ Brunelli ha dimostrato” sosteneva il Nobel “ quanto in passato realmente si sapeva poco sull’ enorme plasticità neuronale e la possibilità di trarne vantaggio”.

La scelta della Facoltà di Medicina, arrivò come conseguenza e ispirazione del servizio militare che Brunelli nella foto a sinistra, ritratto con  la moglie) adempì durante la guerra in un ospedaletto da campo. E questo è quello che sanno i più ma quello che lui ha confessato a pochi intimi è in realtà che, tornando dalla guerra, non sapeva assolutamente se suo padre, il dott. Alessandro Brunelli, veterinario capo del Macello di Brescia, lo avesse iscritto a Ingegneria piuttosto che a Medicina. Lui però, previdente, aveva preparato due esami che avrebbero potuto andar bene per l’una e l’altra facoltà: Chimica e Fisica. Andò a Parma in Università e  scopri di essere iscritto a Medicina. Erano anni di grande precarietà e confusione e questa storia certo non deve meravigliare. Piuttosto deve meravigliare che Brunelli riuscì a prendere la Laurea nel ’49, rispettando i tempi canonici dei 6 anni. Purtroppo non con il massimo dei voti ed è lui stesso a spiegarne il perché nella sua autobiografia:

“La tesi che avevo scelto era una ricerca istologica sui “Corpi mobili articolari” preparata col prof. Marcer, un grande dell’Ortopedia, uno dei primi ad eseguire la pollicizzazione dell’indice nei “mutilatini di guerra”, intervento che allora sembrava miracoloso perché ridava un pollice e la capacità di presa a  chi l’aveva perso. La tesi fu preparata nel modo migliore ed io ero sicuro che mi avrebbe valso il 110 e lode alla laurea. Purtroppo Marcer, che aveva preso nel ‘45 il posto del prof. Bocchi (epurato perché fascista ), dovette lasciare la cattedra proprio alla vigila del mio esame di laurea perché il prof. Bocchi era stato reintegrato al suo posto. Ciao lode! Dovetti accontentarmi del “110 su 110”.

Le particolari esperienze vissute durante la guerra, indussero il giovane medico a scegliere la specialità di Ortopedia.

 

Il  prof. Brunelli durante un intervento chirurgico alla mano. Ne ha realizzati oltre 23.000 sei quali

3.300 in microchirurgia

 

La carriera accademica

Una carriera chirurgica ed accademica fulminea: primariato a 35 anni, docenza e cattedra universitaria nel 1971. Ma di Brunelli colpisce soprattutto l’attività chirurgica pioneristica come l’esecuzione delle prime protesi totali d’anca in Italia nel ‘63 e la microchirugia introdotta in Italia nel ‘65 e per la quale fu nominato uno dei 5 pionieri mondiali.  Ma anche i primi interventi di chirurgia del plesso brachiale nel ‘72, il primo reimpianto totale di arto in Europa nel ‘73. Insignito della Laurea Honoris Causa all’Università di Wroslaw, negli anni ’80 si impegnò nella ricerca sperimentale per tentare di guarire le lesioni del midollo spinale e le paraplegie. Lui la racconta così.” Alla fine degli anni ’70 i numerosi malati di artrosi d’anca avevano altrettanti numerosi chirurghi ortopedici in grado di intervenire con successo per risolvere il loro problema. A Brescia avevamo raggiunto un livello di eccellenza anche in quel settore e arrivavano persone soprattutto dal Sud Italia. Quelli furono anni in cui la corsia non esisteva più, nel senso che non bastava più a contenere i malati che si ricoveravano con la speranza di entrare in nota operatoria il più presto possibile.

I cinque i riconosciuti a livello internazionale come i pionieri della Microchirurgia nel mondo (da sin a dx: Svizzera, Italia, Austria Australia, Giappone) 

Numerosi erano i giovani paraplegici che arrivavano nel mio  reparto nella speranza di trovare per le loro gambe la soluzione che si era riusciti a trovare per le paralisi di plesso brachiale ma tutti gli esperimenti condotti sino ad allora su modello animale purtroppo avevano dimostrato che il midollo  non era permissivo a ricevere gli assoni provenienti dal cervello. Non mi scoraggiai e, convinto più che mai della necessità di continuare la ricerca sulla riparazione midollare, accettai la sfida. Costituii la Fondazione per le lesioni del Midollo Spinale e iniziai una laboriosa quanto difficilissima ricerca sull’anatomia e fisiologia del midollo spinale e sulle sue possibilità di guarigione una volta leso”.

 

L’ insegnamento ai giovani

Una particolare importanza occupò la didattica nella vita professionale di Brunelli che si fece ideale precursore del pensiero e degli insegnamenti dei suoi Maestri, italiani e stranieri, come il prof. Poli di Milano, il prof. Merle D’Aubignè di Parigi, il prof. Tunnel degli Stati Uniti d’ America ma anche il prof. Böhler di Vienna e il prof. Möberg di Göteborg.

Un’ attività sempre vissuta con grande entusiasmo e dedizione:” Ho sempre creduto di dover insegnare nel modo migliore possibile e, a parte una contestazione sessantottina, ho avuto sempre un rapporto amichevole con tutti i discenti”. Brunelli fa rifermento ad un singolare episodio avvenuto quando, appena fondata l’Università di Chieti, lui ortopedico presso l’ Ospedale Policinico SS Annunziata di Chieti, era stato chiamato ad insegnare anatomia e fisiologia umana e, durante un’ esame, ad uno studente aveva chiesto di descrivergli il femore e la risposta era stata “ un osso lungo che inizia all’anca e finisce al piede “. Lui ovviamente lo bocciò ma fuori trovò ad attenderlo un crocchio di studenti pronti a saltargli addosso. A difficoltà riuscì a svincolarsi grazie all’ intervento di altri studenti che erano stati tutti promossi.

Una forma mentis scientifica in forza della quale Brunelli ha sempre tenuto in massima considerazione il pensiero scientifico e la ricerca e la valutazione critica dei dati rilevati nei pazienti e delle proposte terapeutiche, mediche e chirurgiche. Questo è particolarmente vero per la Chirurgia Ortopedica e per la Chirurgia della Mano che arricchì di numerose e innovative tecniche personali; tra le più importanti annoveriamo la microchirurgia, la chirurgia mininvasiva, le protesi articolari delle varie articolazioni, i materiali metallici e plastici per uso ortopedico, la robotica ma soprattutto l’avvicinamento dell’ortopedico pratico alle nuove scoperte scientifiche, un cambio di passo che avrebbe lasciato il segno nel futuro.

L’ attività e la formazione di un medico richiedono anni di sacrifici e “a un giovane che voglia scegliere la medicina - sosteneva Brunelli - consiglierei di prepararsi a molte rinunce, di abbandonare ogni speranza di facili guadagni e di sapere che dovrà sacrificare molto se vorrà essere un medico completo”. Brunelli consigliava anche ai giovani di farsi un’ esperienza all’ estero che riteneva molto importante “ Non perché in Italia oggi manchino strutture e competenze, ma perché l’ esperienza dei singoli è talmente varia che si può trovare qualcosa da aggiungere al proprio corredo professionale in ogni parte del mondo.” L’esperienza all’ estero poteva essere di lunga durata formativa dopo la laurea (ma questo avrebbe potuto pregiudicare il ritorno in Patria) oppure di brevi periodi in varie cliniche per apprendere tecniche super specialistiche, dopo un congruo periodo post-laurea in Italia. I giovani, da questo punto di vista, avrebbero potuto trarre un vantaggio dal punto di vista generazionale “ perché le nuove leve arrivano all’ Università con conoscenze informatiche che ai nostri tempi non esistevano e grazie alle nuove tecnologie, sono in grado di accedere con più facilità e più velocemente alle scoperte scientifiche; cosa che ai miei tempi non era neanche ipotizzabile, rendendo difficile e indaginosa la preparazione di una pubblicazione scientifica”. E Brunelli ricorda le ore spese nelle biblioteche universitarie di tutta Italia a cercare referenze e lavori che oggi basterebbe un click ( ne siamo poi così sicuri?) per poter visionare. “Questo consentirà ai nuovi medici di fare passi da gigante nella loro preparazione scientifica e nella loro carriera”.

 

I GENIALI SPUNTI DI RICERCA

Brunelli iniziò le sue ricerche negli anni ’80 sul midollo spinale per constatare che il midollo una volta leso, non ripara. Sempre con l’obiettivo di tornare a dare movimento a persone che avevano perso l’uso degli arti inferiori in seguito ad eventi traumatici, negli stessi anni aderì, unico italiano, al progetto europeo SUAW (Stand up and Walk). Ne parlarono e  scrissero tutti i media mostrando il giovane che camminava grazie a microelettrodi impiantati (da Brunelli stesso) nei muscoli, comandati da una centralina esterna ma poi il progetto  si fermò per mancanza di fondi. Fu così che Brunelli tornò a pensare ad interventi chirurgici e, per aggirare l’impossibilità degli assoni nell’ avanzare nel midollo spinale (non permissivo),  pensò di trasferire un nervo dal braccio (il nervo ulnare) ai muscoli del bacino e della coscia fondamentali per  la stabilizzazione nel piano frontale del bacino e per il passo. La tecnica, prima verificata su animali da sperimento fu poi, con il consenso del comitato etico, portata su uomo, paziente pienamente informato e ben disposto a provare su di sé  l’unica soluzione che allora la Scienza medica poteva offrire. Il paziente si chiamava Angelo Colombo ed è stato ed è ancora oggi fiero e felice, come dice lui, di aver messo il suo corpo a disposizione della Scienza. “L’intervento riuscì perfettamente e all’ inizio per camminare ed estendere le ginocchia dovevo pensare di muovere le dita della mano innervate dal nervo ulnare. Dopo qualche tempo di intensa riabilitazione però, grazie alla plasticità del SNC, la deambulazione diventò più spontanea ed automatica, anche se rudimentale”

La ricerca però avanzava a passi da gigante e così, dopo anni di interventi sperimentali con diversi protocolli operatori eseguiti in Italia e all’ estero, Brunelli decise di connettere, per mezzo di un innesto nervoso, i prolungamenti delle cellule nervose del cervello con i nervi di alcuni muscoli del bacino e delle gambe, escludendo il midollo sottostante la lesione. Con questa tecnica fu operata una giovane donna che, in seguito ad incidente stradale, aveva riportato la lesione totale del midollo spinale a livello della ottava vertebra toracica. Gigliola, questo il suo nome, dopo l’intervento e un lungo periodo d’intensa riabilitazione, ha iniziato a muovere i primi passi, pur se rudimentalmente, prima sul girello, poi sui tetrapodi. Questo perché i prolungamenti delle cellule cerebrali raggiungendo i muscoli, hanno formato delle nuove placche motrici, capaci di rispondere al neuro-trasmettitore glutammato proprio del SNC e non più all’ acetilcolina, neuro-trasmettitore periferico. Questa risposta al glutammato era assolutamente  imprevedibile e spronò Brunelli ad andare avanti nella ricerca che, grazie anche ai preziosi suggerimenti della prof. Rita Levi Montalcini, divenne una vera e propria ricerca di base multidisciplinare con il coinvolgimento degli scienziati dell’Università di Brescia. “Con questi studi  abbiamo dimostrato la capacità del muscolo di trasformare i suoi recettori normali acetilcolinici in recettori capaci di rispondere al glutammato che è il neurotrasmettitore dei neuroni cerebrali”. Il 14 giugno 2005 la prestigiosa rivista ufficiale dell’Accademia Nazionale delle Scienze Americana ( P.N.A.S. 2005, 102, 24, 8752-8757) ha pubblicato i risultati della nostra  ricerca.

Anche un’altra prestigiosa rivista americana “ Current opinion in neurobiology 2006“  ha dedicato spazio al lavoro intitolando l’articolo “ Un paradigma perduto “ con chiaro riferimento al risultato ottenuto da questa ricerca che ha perso un paradigma ed ha trovato una nuova verità mai svelata né pensata da essere umano. Rimane la bella realtà di una giovane donna che da quell’ intervento ha ottenuto un reale beneficio che gli consente, ad anni di distanza, di essere autosufficiente e di condurre una vita pressoché normale.

Ma la ricerca non ha mai fine e per un protocollo di ricerca che si chiude un altro se ne apre e fu così che, analizzando i risultati dell’esperimento, un altro mistero divenne evidente:

la connessione degli innesti era necessariamente totalmente casuale, essa era ottenuta connettendo l’innesto con il fascio corticospinale del midollo, in modo random.

Nel tratto corticospinale corrono molte migliaia di fibre che discendono da zone della corteccia cerebrale diverse, con funzioni differenti perciò ci si sarebbe dovuti aspettare che i movimenti ottenuti fossero globali; che tutti i muscoli connessi con il tratto corticospinale del midollo si contraessero contemporaneamente con molte co-contrazioni senza un risultato funzionale. invece, contro ogni previsione, già all’inizio della reinnervazione e pochi mesi dopo l’intervento, gli animali operati (e la paziente che aveva accettato liberamente di sottoporsi a questo intervento),  erano  in grado di ottenere con la volontà  movimenti volontari perfettamente distinti, utili e senza cocontrazioni. La spiegazione va ricercata in un meccanismo per ora sconosciuto di feedback che consente al comando mentale (dei lobi frontali) di riconoscere nella corteccia cerebrale quei motoneuroni che alla periferia sono stati connessi con i muscoli che si vogliono far contrarre, (senza fastidiose co-contrazioni) e li eccita selettivamente.

La ricerca dimostra che i movimenti singoli e selettivi ottenuti, non dipendono dalla attivazione di una area corticale ma dalla stimolazione di milioni di singoli neuroni sparsi in zone diverse della corteccia cerebrale.

Il prof. Brunelli aveva due hobby, la pittutra e la fotografia. Eccolo con un suo dipinto

La FMRI dimostra che i singoli movimenti non provengono da una piccola zona corticale ma che praticamente tutta la zona motoria è interessata dimostrando così la plasticità cerebrale per multipli singoli neuroni sparsi nella corteccia cerebrale. Con questa ultima ricerca Brunelli ha ipotizzato una plasticità cerebrale non per cambio di funzione di aree corticali aventi funzioni diverse (che già si conosceva da oltre un secolo per i risultati dei trasferimenti muscolo-tendinei eseguiti per paralisi parziali degli arti per cambiamento di funzione di gruppi di neuroni-aree corticali) ma anche per cambio di funzione di singoli multipli moto neuroni (milioni) sparsi nella corteccia cerebrale capaci di attivarsi selettivamente e contemporaneamente per movimenti che prima dell’intervento non erano loro propri e di farlo simultaneamente per un movimento funzionale efficace pur essendo (questi motoneuroni) lontani gli uni dagli altri e dovendo eseguire funzioni non proprie per loro e senza il coinvolgimento di neuroni aventi funzioni diverse che avrebbero provocato co-contrazioni le quali avrebbero disturbato gravemente la funzione. Tenendo presente le ancora incomplete conoscenze sulla anatomia e la fisiologia del midollo spinale è evidente che questi risultati sono solo l’inizio della terapia chirurgica della paraplegia e forse di altre lesioni midollari: “Inizio lungo ed accidentato che potrà essere superato solo con molte altre ricerche fatte in futuro da me e da chi dopo di me verrà e vorrà”.

Giorgio Brunelli ha al suo attivo più di 25.000 interventi chirurgici, 3.500 dei quali effettuati con tecnica microchirurgica.

Autore di 466 pubblicazioni, in previewed journals, 30 capitoli, 10 testi scientifici;

Oltre a questa intensa attività scientifica e chirurgica, Giorgio Brunelli è stato un grande sportivo in varie discipline, scherma, nuoto, campione universitario regionale di sci di fondo nel 1948. Amava le macchine antiche e da gentleman driver ha partecipato a numerose Mille Miglia e ad altre varie gare di regolarità.

Una foto simbolica

Brunelli amava la natura in tutte le sue espressioni che immortalava in giro per il mondo con la sua Nikon ma anche con i suoi dipinti e definirlo pittore dilettante è assolutamente riduttivo. Numerose sono state le sue personali e le sue pubblicazioni con i suoi scatti. Inoltre ha pubblicato diversi romanzi a sfondo storico e anche, in virtù della sua passione intellettuale per le Neuroscienze, i saggi scientifici “ Dai neuroni al sé” e “ L’io cosciente”.

Tutto ciò che faceva, se aveva un ritorno economico, era destinato alla sua Fondazione e alla ricerca. Che oggi continuerà lungo il solco da lui tracciato.

 Il Galileo