La stampa serve chi è governato, non chi governa

Libertà di stampa

pilastro della democrazia

Flash mob in 20 capiluogo di regione

per reagire agli insulti grillini

Mattarella: i pareri che non condivido sono per me uno strumento su cui riflettere

Tajani: sono fiero di essere un giornalista

Il presidente dell’ordine nazionale dei giornalisti invita Di Maio a dimettersi

 

di Giuseppe Prunai

 

Il presidente della Repubblica, Mattarella, "intervistato" da un giovane studente

( foto ufficio stampa Quirinale)

Gli insulti di alcuni dirigenti grillini nei confronti dei giornalisti che si sono occupati del processo alla sindaca di Roma, Virginia Raggi, hanno provocato reazioni in  tutto il mondo democratico. I grillini hanno definito i giornalisti “sciacalli”, “puttane” e “pennivendoli”. Quest’ultimo epiteto era usato sovente da Benito Mussolini che, com’è noto, aveva imbavagliato la stampa costringendola – pena pesanti censure e sanzioni – al rispetto delle veline del famigerati minculpop (ministero della cultura popolare). I grillini non sono nuovi ad atti ostili contro la stampa, contro la libertà di stampa. Basti citare il progetto di legge per l’abolizione dell’Ordine dei giornalisti e quello sull’editoria con il quale viene abolito il contributo statale agli imprenditori dell’informazione. Un provvedimento che, se andrà in porto, potrebbe determinare la chiusura di molte testate, l’aumento della disoccupazione nel settore, l’aggravarsi della crisi fino al default dell’Istituto di previdenza dei giornalisti (INPGI) e della cassa sanitaria integrativa (CASAGIT) che già hanno i loro problemi.

Insomma, un attacco alla libertà di stampa, a quella libera, ai giornalisti che svolgono il loro mestiere onestamente, con la schiena dritta.

Numerose le voci in difesa della libertà di stampa, prima fra tutte quella del presidente della repubblica, Mattarella.

Ricevendo un gruppo di studenti e rispondendo alle loro domande, Mattarella ha detto:

“«Al mattino come prima cosa leggo i giornali: le notizie e i commenti, quelli che condivido e quelli che non condivido, e forse questi secondi per me sono ancora più importanti. Perché è importante conoscere il parere degli altri, le loro valutazioni. Quelli che condivido sono interessanti, naturalmente, e mi stanno a cuore; ma quelli che non condivido sono per me uno strumento su cui riflettere.

E per questo ha un grande valore la libertà di stampa, perché - anche leggendo cose che non si condividono, anche se si ritengono sbagliate -  consente e aiuta a riflettere".

Gli ha fatto eco il presidente del Parlamento Europeo, Antonio Tajani, giornalista di vecchia data con il quale chi scrive, pur avendo opinioni politiche diverse, ha condiviso il lavoro al Giornale Radio Uno (RAI-TV). Tajani, dopo aver definito “vergognosi” gli insulti da parte di esponenti del governo, ha detto:

"Sono fiero di essere un giornalista e non condivido le vergognose dichiarazioni e gli insulti rivolti ai giornalisti da parte di rappresentanti del governo italiano. Difendo la libertà di stampa di tutta Europa e questo lo faccio come presidente del Parlamento europeo". Tajani rispondeva a un attacco dell'eurodeputato M5s Piernicola Pedicini. Ha detto Pedicini:  "Negli ultimi mesi  lei è presente in tutti i media con dichiarazioni contro il governo. La richiamo a svolgere il suo ruolo regolarmente, non si può fare campagna elettorale. Se lei vuole farla allora si dimetta, scenda da quel piedistallo e faccia campagna elettorale come tutti i deputati di quest'aula".

 

"Le ricordo che il presidente del Parlamento - ha replicato Tajani - è un deputato come gli altri, sono eletto nella mia circoscrizione e sono libero di dire senza violare il mio ruolo. Sono sempre stato imparziale nello svolgere le mie funzioni e lo possono testimoniare anche esponenti del suo gruppo".

Gli stessi temi sono riecheggiati nelle manifestazioni di protesta, i famosi flash mob convocati in modo estemporaneo per e mail o sui social, da parte di giornalisti in venti capiluogo di regione.

A Roma, concentramento in Piazza Santi Apostoli. Il segretario della Federazione nazionale della stampa, Giuseppe Giulietti, ha detto che “questa non è una lotta fra caste ma una battaglia per la libertà d'informazione e il diritto ad essere informati. Se il presidente della Repubblica, per la quinta volta in un mese deve dirci che la libertà d'informazione è presidio della democrazia, potete immaginare se non dobbiamo essere preoccupati”. Ed ha aggiunto:” «Ci sono state offensive contro la stampa sotto tutti i governi, da Berlusconi a Renzi, e noi ci siamo sempre mobilitati, ma l'attacco che stiamo subendo oggi non ha precedenti. Contro gli insulti e le minacce occorre lottare insieme, giornalisti e cittadini, associazioni, corpi intermedi, cittadini che hanno a cuore la democrazia e la Costituzione. Diciamo 'no' al capo solo che parla alla folla da un balcone telematico. Noi stessi, dobbiamo reagire: abbandoniamo le conferenze stampa dove non si possono fare le domande; rifiutiamo le dirette streaming senza contraddittorio, che sono uguali alle videocassette di un'altra stagione. La fine del libero giornalismo è la fine dell'ordinamento democratico”.

E il presidente del Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti, Carlo Verna, ha osservato che “in passato ci sono state critiche, anche al di fuori dei binari della correttezza, e ci sono state delle risposte, ma qui siamo ben oltre perché siamo arrivati agli insulti. E insultare i giornalisti non significa soltanto delegittimare chi svolge quotidianamente una professione, ma significa attaccare il concetto di libera stampa, e quindi il diritto del cittadino ad essere informato, che è alla base dell'articolo 21 della Costituzione. Sono rimasto stupito dalle parole di Di Maio e gli ho chiesto subito di trarre le conseguenze delle sue affermazioni. Perché non lasciare l'Ordine dei giornalisti, dove lui evidentemente non sta bene? Pensiamo che per coerenza se ne dovrebbe andare”.

Il presidente del Cnog (Consiglio nazionale dell’ordine dei giornalisti) ha quindi concluso: «Dobbiamo con fermezza e determinazione respingere qualsiasi tipo di attacco, soprattutto perché è un attacco concatenato. Questo è il punto finale di una serie di iniziative contro la libertà di stampa che sono state poste in essere negli ultimi tempi dai leader del Movimento Cinque Stelle. Dobbiamo spiegare a chi ha giurato lealtà alla Costituzione che l'informazione è per i governati e non i governanti, come magari qualcuno vorrebbe che fosse, e dobbiamo rispondere a modo a questo clima di volgarità e di odio, anche pericoloso». «La stampa serve chi è governato, non chi governa». E’ una frase tratta dalla sentenza della Corte suprema americana sull’azione legale promossa, all’inizio degli anni Settanta, dal presidente Usa Richard Nixon contro il Washington Post e il New York Times per la pubblicazione di documenti sulla guerra in Vietnam coperti dal segreto di Stato.

In piazza a Roma, insieme con la Fnsi, l'Associazione Stampa Romana, l'Ordine dei giornalisti e l'Associazione Articolo21, erano inoltre presenti i rappresentanti di Usigrai, Ungp, Ucsi, Unci, Associazione Stampa Parlamentare, Associazione Stampa Estera, i giornalisti della Rete NoBavaglio, sindacati, associazioni e movimenti civici. C'era anche il presidente della Casagit, Daniele Cerrato, mentre la presidente dell'Inpgi, Marina Macelloni, era in piazza a Milano, dove si è svolta l’altra manifestazione di rilievo.

La manifestazione di Milano

 

Nel capoluogo lombardo, la manifestazione si svolta dinanzi alla Prefettura, in via Vivaio, in pieno centro storico.

Striscioni e cartelli in difesa della libertà di stampa, inneggianti all’articolo 21 della Costituzione della nostra Repubblica, nata dalla Resistenza, e per rivendicare la dignità di quanti – e sono la stragrande maggioranza – lavorano con la schiena dritta e riferiscono i fatti quotidiani imparzialmente, senza filtri, senza leggere le veline di oscuri minculpop, interpretandoli e spiegandoli alla luce della propria cultura.

A Milano, hanno parlato il presidente dell’Associazione lombarda dei giornalisti, Paolo Perrucchini, e Anna Del Freo, segretario nazionale aggiunto della FNSI e membro del comitato esecutivo della Federazione europea dei giornalisti.

“Attaccare l’informazione – ha detto Perrucchini - è stato lo sport nazionale di ogni partito: oggi come ieri. Oggi, però, registriamo una deriva molto più preoccupante. Si cerca di discreditare sistematicamente la stampa indipendente e non filogovernativa, si cerca di condizionare l’opinione pubblica del Paese colpendo chi svolge in modo corretto la propria professione di giornalista e si avalla la diffusione del pensiero unico anche attraverso l’utilizzo di slogan e insulti inaccettabili in un Paese civile”. “Il fatto poi che gli attacchi provengano da un vice premier, cioè da un’istituzione che dovrebbe avere a cuore prima di tutto la democrazia e governare con equilibrio tutti i cittadini italiani. rende il fatto di una gravità senza precedenti”.

Anna Del Freo ha osservato che la categoria è sotto scacco un po’ in tutta Europa, ma in Italia il fenomeno è preoccupante. Siamo ai livelli di Ungheria e Polonia. Per questo la federazione europea dei giornalisti invita a vigilare e a reagire.

Alla manifestazione di Milano hanno aderito, fra gli altri, l’Ordine dei giornalisti, l’Usigrai, Articolo21, l’ANPI e il gruppo lombardo dell’Unione nazionale giornalisti pensionati rappresentato in via Vivaio dal consigliere Ino Iselli e dal segretario regionale Giuseppe Prunai.

La manifestazione di Milano:  il presidente dell’Associazione lombarda dei giornalisti, Paolo Perrucchini, e Anna Del Freo, segretario nazionale aggiunto della FNSI e membro del comitato esecutivo della Federazione europea dei giornalisti.

Manifestazioni di solidarietà con i giornalisti italiani a Bruxelles e a Londra. Messaggi di solidarietà sono giunti nelle ultime ore dai sindacati francesi dei giornalisti, dalla Efj, dall'Agcom, da Cgil, Cisl e Uil, da numerosi esponenti delle forze politiche.

 

Il Galileo