Christine de Pizan:

una femminista ante litteram

alla corte di Carlo V

 

di Magali Prunai

 

Cristina da Pizzano, più nota come Christine de Pizan

 

E’ esistito un tempo in cui studiare non era facile e accessibile a chiunque come adesso. E’ esistito un tempo in cui l’accesso al sapere era riservato solo a pochi eletti, di famiglia nobile o comunque facoltosa. Le eccezioni erano rarissime. Lo studio, ovviamente, era riservato solo ai rampolli maschi, spesso neanche a tutti ma solo ai primogeniti. Le donne venivano istruite, invece, ad essere delle buoni mogli e madri.

Ciononostante delle rare eccezioni sono esistite. Una di queste, la cui memoria è arrivata fino a noi, è stata Cristina da Pizzano, più nota come Christine de Pizan. Veneziana, nata nel 1365 da padre bolognese laureato in medicina e trasferitosi a Venezia, prima, in Francia, poi, e impegnato in una solerte attività da astrologo che lo portò ad avere una grande notorietà. Fin da subito decise di dare lo stesso tipo di istruzione a tutti i suoi figli, tanto maschi che femmine, incontrando la disapprovazione di molti, compresa la moglie.

Christine crebbe in un ambiente molto stimolante, quello della corte di Carlo V, venne istruita alle arti e alle lettere. Sposatasi giovanissima con un notaio, rimase presto vedova e orfana di padre. La famiglia era da tempo caduta in disgrazia e Christine si ritrovò a occuparsi da sola dei figli e di un’anziana madre, subendo velocemente una metamorfosi che lei stessa definì come un trasformarsi in uomo. Oltre ad essere un’apprezzata calligrafa, compose in breve tempo uno scritto che ebbe grande fortuna, tanto da attirare le attenzioni e la protezione di personaggi del calibro di Filippo II di Borgogna, Giovanni di Valois e la regina Isabella di Baviera, consorte del re Carlo VI. Grazie al loro intervento poté dedicarsi a una fiorente attività letteraria e filosofica.

Christine de Pizan educa suo figlio

Le sue opere ebbero sempre uno scopo sociale, sempre mirate alla tutela della figura femminile. Invitava, infatti, i nobili a prendersi cura delle vedove, condannava chi diffamava e ingannava le donne. La sua opera più importante è, certamente, “ Le livre de la Cité des Dames” ( il libro della città delle Dame), scritto in risposta a testi quali il “De mulieribus claris” di Boccaccio in cui la figura femminile viene derisa e considerata come suscettibile di qualsiasi vizio. Nella Città delle Dame invece si descrive una società utopica, in cui la parola dama non indica una nobildonna per nascita ma per spirito. Le mura della città fortificata, costruita secondo le indicazioni di Ragione, Rettitudine e Giustizia, racchiudono un gran numero di eroine, sante, regine, poetesse, scienziate che secondo l’autrice rispecchiano il suo modello femminile ideale. Tema centrale è, poi, l’educazione delle donne che è, per l’autrice, fondamentale. Solitamente rinchiuse nelle loro abitazioni, tenute spesso isolate dal mondo esterno, senza la possibilità di imparare alcunché, le donne erano considerate inferiori intellettualmente. Afferma Christine de Pizan “una donna intelligente riesce a fare di tutto e anzi gli uomini ne sarebbero molto irritati se una donna ne sapesse più di loro”. L’opera, scritta a cavallo fra il 1404 e il 1405, sei secoli più tardi, è ancora terribilmente attuale.

Nell’ideale continuazione della Città delle Dame, “Le livre de Trois Vertus”, incoraggia le donne a uscire dai classici stereotipi sessuali.

Prima di morire compose ancora due opere degne di nota, una biografia del re Carlo V e un poema entusiastico sulla sua contemporanea Giovanna D’Arco. Si ritirò in un convento subito dopo e dove morì, nel 1430, all’età di 65 anni.

 

La città delle dame

 

Christine de Pizan è stata definita, per le tematiche da lei affrontate e la sua stessa vita, una, se non la prima, femminista della storia. In pieno medioevo una donna studia, grazie all’intelligenza e lungimiranza del padre, diventa indipendente economicamente e non ha bisogno di un padre, un fratello o un marito per mantenersi. Trae il suo sostentamento, tutto ciò di cui necessità dalle sue sole capacità, le sue conoscenze, la sua intelligenza ed invita le altre donne a liberarsi da quelle catene sociali che impongono loro una vita fatta di ignoranza, di proibizioni e nella costante altrui dipendenza.

Siamo proprio sicuri che i secoli bui siano stati una caratteristica del Medio Evo e non più tristemente attuali?

Il Galileo