Dal supermercato alla carta stampata

Il mensile di una coop

ricco di articoli, interviste e servizi

oltre che promozione di prodotti

Lo offre gratuitamente al soci la Unicoop, cooperativa di consumo di Firenze

 

 

di Mario Talli

   

    Insieme a molte cose brutte, nel mondo per fortuna continuano ad esistere, magari rinnovandosi, anche delle cose buone. Ai soci di una storica cooperativa di consumo fiorentina (Unicoop Firenze, appunto), ogni mese arriva gratuitamente a casa un giornale edito ormai da moltissimi anni da quella organizzazione. Una pubblicazione che ha tutti i crismi di un periodico ricco di articoli, interviste e servizi, oltre, ovviamente, alla promozione dei prodotti in vendita presso i suoi numerosi negozi sparsi nell'area fiorentina e non solo.

      Il mensile, che ha una vera e propria redazione, si è costantemente arricchito e migliorato negli ultimissimi  anni sia riguardo gli argomenti trattati che all'aspetto formale: l'impaginazione, i titoli, la scelta e l'uso delle fotografie che corredano gli articoli.

      Come ognuno sa le cooperative di consumo, insieme a quelle di lavoro, hanno una lunga tradizione ed hanno da sempre accompagnato il faticoso cammino delle classi lavoratrici verso la loro emancipazione e la conquista di migliori condizioni di vita. E la Toscana è una delle regioni italiane dove il movimento cooperativo è più radicato e sviluppato.

      Ma è il momento di abbandonare gli enunciati e le chiacchiere per offrire ai lettori un esempio tangibile e concreto della natura e del volto della pubblicazione cui fu attribuito fin dalla sua nascita un titolo di sapore tardo ottocentesco: informatore. Trascurando le informazioni di carattere commerciale relative ai prezzi e alla qualità dei prodotti, alle offerte che di volta in volta vengono promosse e all'attività delle sezioni soci, l'ultimo numero, quello di gennaio, si apre con l'auspicio di un “ritorno alla natura”, come recita il titolo di un articolo del prof. Stefano Mancuso, neurobiologo vegetale che insegna all'Università di Firenze. Ma lui e l'Unicoop fiorentina non si limitano all'auspicio. Nell'Anno internazionale delle piante, si sono chiesti perché le piante sono state estromesse da molti luoghi, come per esempio da quelli dedicati al commercio. Ed hanno dato vita ad un progetto sperimentale, “Fabbrica dell'aria”, consistente nell'affidare ad una serra di piante tropicali sistemate in prossimità dell'ingresso di un supermercato coop e vicino alla pescheria del medesimo la funzione di filtraggio dell'aria. “Scegliere di 'ripulire' l'aria di uno spazio commerciale servendosi delle piante in alternativa ai consueti sistemi di filtraggio ha un che di rivoluzionario”, scrive il prof. Mancuso.  “Significa - continua – riconoscere e attribuire alle piante  un ruolo che per decenni è stato loro negato, oltre al merito  ai regalare a noi umani il privilegio di vivere meglio.”

      Quest'articolo è soltanto il prologo di una serie di interventi che hanno per oggetto  le questioni relative alla salvaguardia dell'ambiente e all'utilizzo nel modo più conveniente e giusto delle infinite risorse che la terra, l'aria, le piante  ci offrono, a patto che si sappia utilizzarle nel miglior modo possibile. Qual è lo stato attuale del suolo e come siamo messi in Italia?,  ha chiesto ad esempio Serena Wiedenstritt a Steve McGrath, direttore del Dipartimento per le scienze dell'agricoltura sostenibile che ha sede in Inghilterra. “Lo stato del suolo dipende principalmente dall'utilizzo che se ne fa, ma posso dire che il suo impoverimento rappresenta un problema da non sottovalutare. Una recente indagine relativa alla situazione dei terreni agricoli in Europa – ha aggiunto -   ha dimostrato che in Italia i valori del carbonio organico sono al di sotto della media europea per quanto riguarda i pascoli e in particolare i terreni coltivabili.” 

Circa i rimedi, McGrath avverte che “bisogna innanzi tutto evitare di lasciare il suolo nudo per ridurne l'erosione, ad esempio favorendo delle colture di copertura, oltre all'aggiunta di carbonio organico nel terreno”.

      L'intervista è lunga e ricca di indicazioni interessanti, ma la disamina circa i temi della natura e dell'ambiente non finisce qui. Capitoli a parte sono ad esempio dedicati al ruolo degli insetti nella salvaguardia della biodiversità e in agricoltura e alle capacità curative delle piante, nota da moltissimo tempo e confermata di recente da ulteriori ricerche scientifiche.           

       Di alcuni fenomeni preoccupanti della nostra società, a cui fanno riscontro per fortuna segnali del tutto positivi si occupa invece un servizio che reca due titoli eloquenti: “C'è chi odia...e chi fa squadra”. Nel primo caso l'attenzione è rivolta agli hater e cioè a coloro che usano i social media per indirizzare frasi di odio, offese e insulti verso persone preferibilmente note e famose. Cecilia Morandi, l'autrice dell'articolo, cita ad esempio l'ex presidente della Camera Laura Boldrini, la scrittrice Michela Murgia, la senatrice a vita Liliana Segre e l'astronauta Samantha Cristoforetti. Tutte quante – scrive la giornalista – sono state vittime di hate speech (letteralmente frasi d'odio), cioè sono state oggetto di una marea di offese e insulti sui social media, anche al ritmo di duecento al giorno e per diversi mesi, come ha dichiarato la scrittrice sarda.”  “E noi – aggiunge – possiamo confermare, perché dopo la pubblicazione di una sua intervista nel nostro informatore di settembre, le offese sono arrivate anche alla nostra redazione.”

    Protagonista del caso inverso, quello per fortuna positivo, è invece il torinese Gianlorenzo Blengini, conosciuto probabilmente solo da chi segue il volley. Costui è infatti il coach che a luglio, per la seconda volta in pochi anni, porterà la nazionale maschile della specialità alle Olimpiadi di Tokyo. Anche Blengini usa i social media. Sul suo profilo Twitter ha apposto una frase che è quasi un ammonimento: “Dedicato a chi vince e a chi sa perdere, a chi lotta in campo e a chi soffre in panchina.” Detta così la frase potrebbe anche avere un suono rinunciatario. Ma il coach precisa subito il suo pensiero: “L'obiettivo deve essere sempre quello di riuscire ad esprimere il  massimo della propria potenzialità. Pensare solo alla vittoria a tutti i costi può essere frustrante, soprattutto nelle situazioni in cui l'avversario è davvero più forte. Giocare bene, questo sì: e, certo, mai con l'obiettivo di perdere!”

       Molto divertente e divertita infine un'intervista al regista livornese Paolo Virzì, che a novembre ha ricevuto il Pegaso d'oro alla carriera,  riconoscimento che la Regione Toscana riserva ai toscani illustri. La giornalista Sara Barbanera gli ha chiesto prima di tutto se, da buon livornese, sa come si fa il cacciucco. “Cacciucco, senza dimenticare – ha risposto il regista – di mettere tutte le 'c', che pare servissero a indicare le diverse qualità di pesce da usare nella ricetta. E' un piatto pericoloso: attenzione a non ordinarlo nel posto sbagliato! Nasce dall'idea di aiutare la vedova di un pescatore morto o malato, dandole un pezzettino del proprio pescato, anche pesci meno pregiati. Io lo so cucinare. Si deve essere sparsa la voce, se me lo chiedete.”

          Si può dire che nel cacciucco si usano tutti gli ingredienti, come lei fa con i suoi film?, ha chiesto ancora la giornalista. “Li chiamano commedie e questa è la mia vittoria, perché se vai a vedere un po' tutti raccontano delle gran sciagure: il giovane della 'peggio' periferia con la madre morta e il padre in galera, i due anziani a fine vita, l'operaio disoccupato. Io le ho raccontate così le vicende degli uomini: il dramma in chiave ironica, perché nella vita le due cose marciano compatte. E forse tenerle insieme è il modo più efficace per raccontare e penetrare la natura delle persone.”

Il Galileo