Dalle epidemie nell’antico Egitto alla Spagnola

 Breve storia delle pandemie

 

 

di Magali Prunai

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

14 milioni di vittime del covid equivalgono,  più o meno, alla popolazione di Lombardia (10.103.969 abitanti)  e Puglia (4.008.296)

 

È finalmente arrivata l’estate 2020, un’estate strana, che segue una primavera particolare che mai avremmo pensato di vivere. È l’estate del Covid, l’estate del quasi dopo pandemia. Quasi, perché il caldo, il sole, il mare e l’aria di montagna non lo hanno ancora debellato dalla faccia della terra come si vociferava mesi fa. Continuano ad esserci ogni giorno nuovi contagi, anche se non gravi come quelli di marzo o aprile scorso, purtroppo negli ospedali si continua a morire e in tutto il mondo il Covid, quel virus che ci ha tenuti in casa e che ora in molti dubitano sia mai esistito, ha contagiato circa 14 milioni di persone. Quanti sono 14 milioni? Prendete l’intera popolazione residente della regione Lombardia (10.103.969) e della regione Puglia (4.008.296) e immaginatene una parte ormai deceduta e una reclusa in casa o in ospedale in attesa della sentenza: morte o guarigione. Immaginate di girare per questi due territori trovandoli pressoché deserti e avrete un’idea di massima di chi e che cosa stiamo parlando.

Una pandemia altro non è che un’epidemia che si diffonde velocemente, con la tendenza a invadere rapidamente vasti territori e continenti. Specifica l’enciclopedia Treccani che per essere tale devono verificarsi contemporaneamente tre condizioni: la presenza di un organismo altamente virulento, l’assenza di una immunità specifica nell’uomo e la trasmissione da uomo a uomo. Ed ecco che abbiamo descritto il Covid-19.

Immagine al microscopio elettronico di una massa di batteri Yersinia pestis

 

Ma nei secoli l’uomo ha affrontato numerose crisi sanitarie, ogni volta considerate devastanti perché rapportate alle scarse conoscenze mediche e alla penuria di mezzi curativi. Se l’epidemia, o meglio, pandemia di Spagnola è considerata una delle peggiori piaghe del ‘900 per la sua virulenza e alto tasso di mortalità, oggi, per le conoscenze e i mezzi di cui disponiamo, potremmo considerarla poco più che un’influenza. Ma un’epidemia, soprattutto quando prende il carattere di pandemia, è sempre un passo avanti alle conoscenze dell’uomo che deve affrontarla. Dopo un secolo di studi è normale e ovvio saper affrontare una febbre di quel tipo, come fra pochi anni un caso di Covid-19 probabilmente non ci spaventerà più di un tanto. Probabilmente ci saranno nuove malattie e nuovi virus a terrorizzarci.

La spagnola, fra il 1918 e il 1920, riuscì a infettare circa 500 milioni di persone in tutto il mondo, compresi gli abitanti di alcune isole remote dell’Oceano Pacifico e del mar Glaciale Artico, portando alla morte circa 50 milioni di persone su una popolazione mondiale di 2 miliardi. Cinquanta milioni di esseri umani, un po’ come a dire che oggi l’intera popolazione della Colombia (50.339.443) viene spazzata via in un batter di ciglia. La popolazione del mondo era già stremata dalla guerra appena conclusa, dalle precarie condizioni psico-fisiche da essa derivanti, da condizioni economiche per nulla rosee. A questo stato di frustrazione e malessere generale si aggiunse una bella crisi sanitaria, più violenta della peste nera, così come riportato da numerose fonti storiche, del XIV secolo.

Nel 1346, infatti, si diffuse in Europa una pandemia quasi sicuramente di peste. Originatasi in Asia centrale, si propagò velocemente e in più fasi in Mongolia, Cina, Siria per poi raggiungere la Turchia e a quel punto entrare in Eropa attraverso la Grecia e la penisola balcanica e l’Africa attraverso l’Egitto.

Nel 1347 la peste raggiunse la Sicilia, in breve attraversò tutta la penisola risparmiando parzialmente il territorio del ducato di Milano.

Nel 1348 sappiamo che la Svizzera, escluso il Cantone dei Grigioni, fu il canale di diffusione della peste verso la Francia e la Spagna. L’anno seguente anche Inghilterra, Scozia e Irlanda si ritrovarono ad affrontare quella che l’uomo definiva come una punizione di Dio.

Nel 1353, circa, dopo aver infettato tutta l’Europa, i focolai iniziarono a ridursi fino a sparire. Si ritiene che in sette anni la peste provocò circa 20 milioni di vittime. Una enormità se si considera che la popolazione mondiale dell’epoca era di circa 45 milioni di individui.

Trasmessa all’uomo dai topi attraverso le pulci, gli europei del ‘300 individuarono, come si è detto, in questa catastrofe una punizione divina tanto da fondare numerose congreghe religiose. Altri, invece, iniziarono a cercare un colpevole più materiale, accusando gli ebrei di essere degli untori e iniziando persecuzioni violente.

Ma questa è solo la seconda ondata di peste che ha colpito l’Europa nella storia. Già all’epoca dell’Impero Romano molti fonti ci parlano di una epidemia, probabilmente di peste, che, giunta in Egitto dall’Etiopia, raggiunse l’Impero Romano d’Oriente passando da Costantinopoli durante il regno di Giustiniano. Sviluppatasi intorno al 541 d.C., fu responsabile della morte di circa il 40% della popolazione della capitale bizantina. Continuò a propagarsi a ondate in tutta l’area del Mediterraneo fin verso il 750 d.C., portata soprattutto dagli eserciti che si spostavano da una zona all’altra del paese. Quantificare il numero di vittime non è facile, gli storici dell’epoca ci raccontano di uno spopolamento notevole delle regioni colpite. Oggi stimiamo che circa il 50-60% della popolazione in quegli anni venne a mancare un po’ per la peste, un po’ per l’epidemia di vaiolo che si sviluppò contemporaneamente e un po’ per le numerose guerre. Si stima, comunque, che vi furono fra i 50 e i 100 milioni di vittime.

La terza grande pandemia di peste si originò in Cina nel 1855, si diffuse velocemente in tutto l’Oriente e l’Occidente per i numerosi spostamenti di truppe, prima, e merci poi.

Dobbiamo aspettare il 1894 perché il batterio responsabile venga isolato ad opera di un medico svizzero, Alexandre Yersin. Fu il primo, inoltre, a ipotizzare il legame fra peste e ratti e a sperimentare un siero.

Diverso, ma non troppo, fu il caso della peste nera del 1630, descritta da Alessandro Manzoni ne “I promessi sposi”. 

Rappresentazione della peste bubbonica che colpì Tournai nelle cronache di Gilles Li Muisis (1272-1352), abate del monastero di San Martino dei giusti, conservata nella Biblioteca reale del Belgio

Fra il 1629 e il 1633 varie truppe, provenienti da zone infette, si spostarono attraverso le Alpi per mettere sotto assedio la città di Mantova.  Colpì diverse zone dell’Italia settentrionale, raggiungendo anche il Granducato di Toscana, la Repubblica di Lucca e la Svizzera. Su una popolazione totale di 4 milioni, si stima che morì circa un milione di persone.

Una curiosità storica: nel XIV secolo a.C. in Egitto, durante il regno di Akhenaton, si sviluppò una forte epidemia, forse di peste, forse di poliomelite, forse di influenza.

Da alcuni studi sembra che una febbre, forse la prima della storia o quantomeno la prima documentata, si diffuse a causa della vicinanza fra essere umani, alcuni uccelli acquatici e suini. Fra le vittime più illustri si annovera il re ittita Šuppiluliuma I.

 

Il Galileo