COVID 19

 e il diritto alla cura

(e le discriminazioni nei confronti degli anziani)

 

 

di Luisa Monini

 

"Lo Stato c'è, siamo consapevoli che tante persone soffrono"

"Nessuno sarà lasciato indietro". Questi, sono solo alcuni dei tanti slogan lanciati dal Presidente del Consiglio  Conte durante la fase acuta della pandemia più devastante che abbia colpito il genere umano negli ultimi 100 e passa anni. Eppure, se ci sono state persone abbandonate a loro stesse, in totale solitudine e private di qualsiasi aiuto, umano, sanitario, sociale ed economico, sono state proprio loro: le persone affette da disabilità e gli anziani. Due volte vittime: del Covid e dell’ esclusione sociale. Facile dare la colpa allo tsunami COVID 19 che ha investito tutti all’ improvviso stordendo con la sua violenza anche le menti più brillanti, quelle cioè che avrebbero dovuto lavorare a pieno regime anche in situazioni di estrema complessità e quindi decidere il da farsi, iniziando a prendersi cura proprio di chi aveva bisogno più degli altri per: alimentarsi, muoversi, pensare, comunicare, in una parola: vivere. Così non è stato e disabili e anziani sono stati lasciati soli e molti di loro, una volta  ricoverati nelle RSA, non ne hanno fatto più ritorno. Oltre  8.000 gli anziani che il Covid ha portato via nonostante, bisogna riconoscerlo, l’opera di valore inestimabile, compiuta dai tanti medici, infermieri e  volontari che hanno collaborato a limitare il grave danno della scomparsa di un’intera generazione; come ha ricordato il Capo dello Stato, Mattarella, in  occasione della Festa della Repubblica. Ancora una volta è dunque l’ uomo, con le sue fragilità e debolezze, ma anche con la sua profonda umanità e disponibilità a colmare i vuoti istituzionali. Onore alle molte migliaia di operatori generosi oltre ogni umano limite che, in piena pandemia, non si sono mai tirati indietro. Diffondere oggi l’idea che anche il loro lavoro appartenga a un «modello da superare» non è la maniera migliore per ringraziarli per il loro impegno quotidiano, portato avanti nella dimenticanza dei loro stessi bisogni e rimanendo spesso sul posto h24 per proteggere i propri cari da un possibile contagio. Al di là dunque di eventuali ed inevitabili errori ed omissioni val la pena ricordare tutte queste persone, professionisti che, come ha ricordato Papa Francesco  intervenendo in una puntata su RAI 1 di 'A sua immagine' “sono morti come  soldati al fronte”.  E noi aggiungiamo: sono morti per difendere il diritto di ogni uomo, quello che la nostra Costituzione all’ art. 1 del comma 32 così recita: La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti…”.

E pensare che c’è chi afferma  che la cura degli ultra 80enni ammalati è da considerare «accanimento terapeutico» e la stessa Siaarti, Società Scientifica degli Anestesisti e Rianimatori, ha pubblicato raccomandazioni di etica clinica per tutti i professionisti che, in piena pandemia, lavoravano nei reparti più sotto pressione del Paese. “Quando ci sono più pazienti per un respiratore, bisogna privilegiare chi è più giovane o comunque non ha patologie importanti. Può rendersi necessario porre un limite di età all’ingresso in terapia intensiva».

Difficile condividere le linee guida di questo documento dal momento che stiamo parlando di persone a molte delle quali tutti noi dobbiamo dire grazie all’ infinito perché, con la loro abnegazione al lavoro, alla libera iniziativa, all’ amore per la famiglia, per la vita e per la Patria, ci hanno permesso di vivere il più bel periodo storico del nostro Paese: senza guerre, senza fame, senza ingiustizie gratuite, senza bavagli intellettuali o gabbie di plexiglas ad isolare anche i cervelli, come oggi pare sia tanto in uso.

Non dimentichiamoli né oggi né quando questo maledetto virus, figlio di un incestuoso quanto improbabile incrocio tra pipistrelli e serpenti piuttosto che di una malnata provetta in quel di Wuhan, sarà scomparso dalla scena internazionale. Ricordiamoli per sempre insieme ai medici, farmacisti, infermieri, volontari, suore e sacerdoti che non si sono mai risparmiati, illuminando di umana pietas lo scenario di una battaglia combattuta ad armi impari tra un virus invisibile  e l’ umana fragilità.

Il Galileo