24 aprile il giorno del ricordo

dello sterminio di un popolo

Il genocidio armeno

tra realtà e negazionismo

Oltre due milioni di morti – Le marce della morte -  La resistenza sul Mussa Dagh, la montagna armena cancellata dalle carte geografiche della Turchia - L’assurdo atteggiamento del presidente turco Erdoghan in polemica con Unione Europea e Vaticano

 

 

di Giuseppe Prunai

 

 

Scrive Trotski in un articolo del 1931: “In fase di espansione  imperialistica, il capitalismo non può che mostrarsi intollerante nei confronti di tutte le minoranze nazionali, e degli ebrei, in particolare, che sono la minoranza per antonomasia”.

Lev Trotsky

Alle spalle, Trotski aveva il genocidio degli armeni del 1915 e 1916 e dinanzi,  in un futuro non lontano, la shoah. Nel ’31, cominciava l’ascesa politica di Hitler il cui operato avrebbe poi determinato la morte di un numero enorme di persone, colpevoli soltanto di appartenere a gruppi etnici, politici, religiosi o culturali diversi dalla pura razza ariana. Alla fine della guerra si stimò che le vittime totali del regime nazista  siano state tra i 15 e i 17 milioni di persone. Di queste, almeno 6 milioni erano ebrei.

Le vittime del genocidio armeno furono stimate in almeno un milione e mezzo, ma secondo il Patriarcato di Costantinopoli, le vittime andrebbero da un minimo di 1.845.000 ad un massimo di  2.100.000!

Agli inizi del primo conflitto mondiale, l’Impero Ottomano dette inizio ad una vera e propria guerra contro le minoranze che vivevano nel proprio territorio: i greci, gli assiri, gli armeni. Perché? Motivi politici, in primo luogo. Ma nel caso degli armeni, la minoranza più numerosa e più ricca, non va sottovalutata l’ipotesi che si trattasse di una minoranza di religiose cristiana, tanto cattolica che protestante.

Già a fine ‘800, c’era stata una campagna contro gli armeni condotta dal sultano ottomano Abdul-Hamid II, i cosiddetti massacri hamidiani. Non se ne conosce la consistenza, ma furono sufficienti a scatenare una sorta di antiarmenismo, se così si può definire quel sentimento che, al pari nell’antisemitismo, scatena nella popolazione, soprattutto nel cosiddetto “popolo ciuco”,  un’avversione viscerale contro un’etnìa.

Aprile 1915. Civili armeni in marcia forzata verso il campo di prigionia di Mezireh, sorvegliati da soldati turchi armati

 

Nel periodo antecedente alla Grande Guerra, il governo dei “Giovani Turchi”, temendo che gli armeni si alleassero con i russi, scatenarono una  vera e propria caccia all’armeno nella regione della Cilicia che portò allo sterminio di almeno 30.000 persone.

Fu nel 1914 e nel ‘15 che il governo dei “Giovani Turchi” liberò dalle carceri una serie di criminali comuni per costituire un’organizzazione anti-armena le cui squadracce, in molti casi, erano comandate da ufficiali tedeschi. Pe questi ultimi, fu una prova generale dello sterminio degli ebrei, degli zingari e degli appartenenti ad altre minoranze.

 1915-1919. Donna armena inginocchiata accanto al corpo d'una bambina morta nei campi di sterminio

 

Intanto, gli armeni che militavano nell’esercito ottomano cominciarono a disertare arruolandosi nei battaglioni armeni dell’esercito russo. Nella notte tra il 23 e il 24 aprile 1915 (il 24 aprile viene commemorato il genocidio armeno) scattarono i primi arresti e, nei giorni successivi, cominciarono le deportazioni, le marce della morte. Migliaia di persone venivano incolonnate e fatte marciare verso l’interno dell’Anatolia, senza cibo, senza acqua. Quando qualcuno cadeva stremato, era proibito soccorrerlo: i soldati di scorta non esitavano a sparare sul soccorritore e sulla persona in difficoltà. Fortunati, disse qualcuno, quelli che venivano lasciati a morire di stenti ai margini della strada.

Ci furono, ovviamente, episodi di resistenza. Un nutrito gruppo di armeni, armati dall’esercito francese, si rifugiò sul Mussa Dagh, il Monte di Mosè, la montagna armena. Su quella montagna, gli armeni resistettero per 40 giorni al termine dei quali riuscirono ad informare della loro situazione il comandante di una nave da guerra francese e, di lì a poco, una piccola flotta di navi militari francesi prelevò gli armeni. L’episodio è ricordato in un romanzo, “I quaranta giorni della Mussa Dagh” dello scrittore austro-boemo Franz Werfel.

Armeni impiccati ad Aleppo nel 1915

Non  cercate il Mussa Dag sulla carta della Turchia: il toponimo è stato cancellato nel quadro di un’operazione di negazionismo del genocidio tanto da parte della Turchia del passato come da quella di oggi. La Turchia di Erdoghan nega lo sterminio e questo assurdo atteggiamento antistorico è causa di grave tensione fra gli eredi dell’Impero Ottomano, l’Unione Europea e la Santa Sede dopo che papa Francesco ha parlato esplicitamente di genocidio. Una legge francese punisce con il  carcere il negazionismo del genocidio armeno. Per converso, una legge turca punisce con tre anni di carcere chi afferma l’esistenza del genocidio. Un atteggiamento comune di quei popoli che non hanno fatto i conti con il proprio passato, che ne sono incapaci. Sono, in genere, gli Stati confessionali, gli Stati integralisti ad opporsi ad ogni evoluzione del pensiero, a reinterpretare in chiave diversa la propria storia alla luce di corrette dottrine morali.

Il Galileo