L’Artico si sta pericolosamente riscaldando

Nel corso degli ultimi venti anni si sono fusi circa 280 miliardi di tonnellate di ghiaccio l’anno

Le ricadute sul clima dovute all’effetto serra prodotto da una serie di microorganismi

 

di Bartolomeo Buscema

 

 La fusione dei ghiacciai non è solo un fenomeno circoscritto alle zone polari ma investe tutto il pianeta. In queste foto, due ghiacciai italiani la cui superficie si è notevolmente ridotta: la Presena dell’Adamelllo e, più sotto, il ghiacciaio di Forni

Gli scienziati definiscono l’Artico, o Artide, come la porzione della Terra che circonda il Polo Nord dove la temperatura media del mese di Luglio non supera i 10°C.Come noto, l’Artico è un’area cruciale per la ricerca scientifica per le sue caratteristiche geografiche e l’ambiente relativamente incontaminato che permette di studiare meglio  i cambiamenti climatici e gli effetti del riscaldamento globale. A causa delle condizioni ambientali, le aree polari sono particolarmente sensibili a qualsiasi modifica, sia di tipo naturale, sia provocata dall’uomo, e sono quindi essere delle buone sentinelle, in grado di fornire indicazioni significative  sull’evoluzione del  sistema climatico terrestre. Purtroppo in questi ultimi anni stiamo assistendo alla riduzione dell’estensione della superficie coperta di ghiaccio   a causa di un preoccupante aumento della temperatura. Significativi sono i trentotto gradi centigradi registrati il 22 giugno 2020 a Verkhojansk, nella Russia siberiana a sessantasette gradi di latitudine Nord, poco più a nord del circolo polare. Se focalizziamo la nostra attenzione sui dati globali concernenti la calotta polare artica ci accorgiamo che, negli ultimi decenni, tutta quell’area si è scaldata il triplo della media mondiale (Fonte Agenzia Spaziale Europea). Un quadro non certamente confortante che ha già intaccato anche le zone limitrofe causando la combustione  della torba artica della Siberia   e lo scioglimento del permafrost. Quest’ultimo, come è noto, contiene una percentuale considerevole di materia organica che, una volta scongelata, è attaccata da microrganismi che favoriscono la formazione di metano e altri gas naturali. Entrambi fenomeni che immettono in atmosfera quantità sempre crescenti di “gas serra” accelerando pericolosamente i tempi dell'emergenza climatica. Ad aggravare ulteriormente il problematico scenario climatico, ci sono   anche i dati registrati in Groenlandia  i quali ci dicono che la somma algebrica tra la quantità di neve che cade in inverno   e la fusione del ghiaccio  in estate,  determina un sempre più crescente scioglimento  del  manto nevoso che ha tra i suoi principali effetti la riduzione della quantità di energia solare riflessa determinando di fatto un incremento del riscaldamento in quell’area. Nel corso degli ultimi venti anni, nella calotta groenlandese, si sono fusi circa 280 miliardi di tonnellate di ghiaccio l’anno. Ma le cose stanno repentinamente cambiando come mostrano i  recenti dati satellitari di GRACE-FO, un progetto della NASA che misura  costantemente il campo di gravità sopra i ghiacciai della Groenlandia e di conseguenza lo spessore del ghiaccio. Nel 2019, è stata registrata una fusione di 539 miliardi di tonnellate di ghiaccio, l’equivalente di una tonnellata il minuto. Uno studio condotto dalla glaciologa Michalea King con  un gruppo di scienziati del Byrd Polar and Climate Research Center dell’Università Statale dell’Ohio e pubblicato su «Nature» il 13 agosto scorso, ha evidenziato  che , dal 1985,i grandi ghiacciai groenlandesi si sarebbero ritirati, in media, di circa 3 chilometri.

Va da se che l’aumento generalizzato di temperatura è anche foriero d’incendi a quasi tutte le latitudini, E proprio in questi giorni tutti noi abbiamo visto le foto di San Francisco soffocata da un fumo rosso proveniente  anche da incendi  che si stanno verificando negli stati viciniori. Non è una nostra inclinazione essere catastrofisti, ma dobbiamo rilevare che i più accreditati modelli climatici ci indicano che senza una riduzione drastica delle emissioni di gas serra e senza efficaci azioni di mitigazione del clima, c’è il rischio di superare entro il secolo la fatidica  soglia di 2°C di  aumento della temperatura media globale rispetto all’era preindustriale. Un traguardo negativo che dobbiamo evitare a tutti i costi per scongiurare  futuri sconvolgimenti climatici che potrebbero rivelarsi  ingestibili. Questi i fatti, ma  c’è purtroppo un condizionamento psicologico difficile da estirpare: quando c’è una scomoda verità  o un arduo problema da risolvere  che non riguarda il contingente, ma che concerne il futuro e che ci porta fuori dalla  cosiddetta “zona di comfort”, molti cercano di ignorarlo rimandandone , a un nebuloso domani,  la soluzione. E’ un atteggiamento da rimuovere che è possibile solamente con la corretta e capillare informazione.

 Il Galileo