Un Giro d’Italia

fuori tempo massimo

sul filo della nostalgia per gli exploit dei ciclisti del passato

Ma l’interesse del pubblico è ancora lo stesso?

 

di Mario Talli

 

 
Luigi Ganna è stato un ciclista su strada e imprenditore italiano, celebre per aver

 vinto, nel 1909, la prima edizione del Giro d'Italia

Filippo Ganna è un pistard  prima maglia rosa del Giro di quest’anno

            Sebbene con le anomalie metereologiche dovute ai mutamenti climatici, è continuato il flusso delle stagioni e l'autunno si è faticosamente avvicendato ad un'estate riluttante a farsi da parte. Contemporaneamente, sia pure con un calendario ancor più scombussolato dalla pandemia, sono tornati i tradizionali appuntamenti sportivi. Si ha un bel dire che dei medesimi potremmo farne tranquillamente a meno, che nel ciclismo non ci sono più i campioni di un tempo, quei corridori che, con le loro gesta, riscaldavano il cuore dei tifosi e che il gioco del calcio è sempre più padroneggiato da società con portafogli ben forniti e caratterizzato da giocatori i cui scandalosi emolumenti rappresentano un insulto per la gente comune che tuttavia accorre ad applaudirli. Tutto questo, le società di calcio con i bilanci stratosferici e i calciatori con  stipendi da nababbi e anche la penuria di campioni nostrani nel ciclismo sono verità incontestabili, eppure si continua a salutare con gioia l'arrivo delle grandi manifestazioni sportive.

               Questa riflessione mi è sorta spontanea con l'inizio del campionato di calcio  e l'imminenza di un Giro d'Italia del tutto fuori stagione, come fuori stagione è stato il Tour de France. La discordanza stagionale rispetto al periodo consueto non è cosa da poco. Significa contravvenire ad abitudini consolidate che ormai facevano parte (senza, magari, rendercene conto appieno) del nostro modo di essere, tuttavia abbiamo finito per accettarla dopo aver accettato limitazioni ben più gravi a causa della pandemia.

La maglia rosa, il trofeo che indossa il "girino" primo in classifica

 

                 Così è stato anche per me. La discordanza temporale mi ha tuttavia indotto ad un'ulteriore riflessione, dalla quale è derivato un forte sentimento di nostalgia verso il passato. La disputa delle varie e diverse competizioni sportive nelle stagioni più appropriate non è soltanto una questione di abitudini consolidate, riguarda proprio la qualità delle medesime. L' ultimo Tour de France ne ha dato una dimostrazione eloquente. Nonostante gli organizzatori avessero predisposto un percorso assai duro,  frastagliato di salite, la corsa ha avuto uno svolgimento banale, con le solite fughe di alcuni avventurosi desiderosi di farsi notare, regolarmente tenute sotto controllo e annullate in vista del traguardo. Di rimarchevole c'è stata la padronanza assoluta manifestata durante tutto il percorso da due campioni sloveni (e questa era una assoluta novità), una supremazia così evidente da attenuare l'incertezza per l'esito finale della manifestazione e toglierle quindi gran parte dell'interesse. La loro superiorità era così marcata (in certi momenti sembrava non facessero nessuna fatica nello spingere i pedali) che qualcuno, tra gli organizzatori della corsa, ha perfino sospettato che nella bici di uno dei due avessero inserito nel telaio una sorta di motorino per “aiutare” la pedalata.  

       I successivi accertamenti hanno poi escluso che vi fossero state manomissioni . Ma l'insorgere medesimo del sospetto la dice lunga sullo stato delle cose nell'odierna società dominata dall'informatica nella quale di genuino e naturale è ormai rimasto ben poco. Lo sport e il ciclismo in particolare sembrerebbero, tra le attività umane, quelle meno adatte ad essere adulterate per il banale motivo che altrimenti  con la genuinità se ne andrebbe anche l'interesse.

    A proposito di interesse, il Giro d'Italia cominciato da poco e tuttora in pieno svolgimento ci dirà se questa manifestazione sportiva e i suoi protagonisti, un tempo capaci di attirare l'interesse di folle sterminate, conservano tuttora e fino a qual punto il loro fascino, o se, appunto, l'era tecnologica avrà esercitato anche qui la sua influenza, in questo caso nefasta.

     E' chiaro tuttavia che il ciclismo di un tempo non tornerà più, come non torneranno più campioni assimilabili, per qualità e caratteristiche, a quelli di allora. Ma su tutto questo l'informatica non ha alcuna colpa. E' una semplice ma inesorabile legge della vita. I Girardengo, i Binda, i Guerra, i Bartali (foto a sinistra), i Coppi (fptp a destra), i Magni , ma neppure i campioni meno lontani i Nencini, i Gimondi, gli Adorni, i Moser, i Motta, i Bugno, i Bitossi, i Pantani, i Panizza, i Chiappucci, i Chioccioli, gli Zilioli, i Massignan, i Garzelli con le loro rispettive caratteritiche non solo sportive, ma anche umane non sono riproducibili...

         Nell'imminenza del Giro Elisabetta Sgarbi e la sua “Casa di Teseo”, insieme   alla direzione di “Linus”, hanno realizzato “ExtraLinus”, un numero speciale della rivista consistente in un volume corposo in cui illustratori e scrittori famosi rivivono l'epica del ciclismo e dei suoi protagonisti, non solo i corridori, ma anche i tecnici e  i giornalisti e in particolare quegli inviati al seguito i cui resoconti sono rimasti  scolpiti nella memoria dei numerosi appassionati di questo sport che esalta   la fatica e il sacrificio. Il volume sarà venduto insieme alla “Gazzetta dello Sport”.

Eddy Merkx (in rosa) e Felice Gimondi al Giro 1970

          Ma la fantasia immaginifica di Elisabetta Sgarbi non si è fermata qui. Forse come reazione alle pesanti limitazioni cui tutti siamo sottoposti dalla minaccia del  Covid 19, ha anche convinto gli Extraliscio, un gruppo musicale cui sta dedicando un film a comporre una canzone appositamente per il Giro d'Italia. La canzone è nata e si chiama Gira Giro Gira Gi.

Il Galileo