Nasce il MITE, il Ministero della Transizione ecologica

 

 

Il neoministro del MITE, Roberto Cingolani,   giura nelle mani del capo dello stato

di Bartolomeo Buscema

Uscire dalla crisi climatica che stiamo vivendo rappresenta un’improcrastinabile priorità per il futuro del nostro Paese e dell’intera umanità.

È necessario, quindi, programmare e gestire azioni economico-ambientali che siano quantitativamente efficaci per la transizione da un’economia energivora e inquinante verso una nuova realtà virtuosa sia personale sia sociale rispettosa dell’ambiente e in definitiva dell’uomo stesso.

Per fare ciò è necessario un ministero” ad hoc” che dovrà essere il luogo istituzionalizzato dove si concentreranno le migliori competenze energetico- economico-ambientali e dove decisori politici e scienziati dovranno costantemente confrontarsi; eliminando i passati incontri sporadici figli dell’emergenza e peggio ancor quel deleterio atteggiamento minimalista e attendista.

Ecco, il ministero è già nato ed è stato battezzato Ministero della Transizione ecologica (MITE). Figlio della riorganizzazione dei vecchi dicasteri, il nuovo ministero fa proprie le attività dell’ex Ministero dell’Ambiente e di alcune Direzioni del Ministero dello Sviluppo economico che operavano nel settore dell’energia.

Il decreto di istituzione del MITE prevede anche il CITE, il Comitato interministeriale per la transizione ecologica presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri, o, in sua vece, dal ministro della Transizione ecologica.

Faranno parte di tale dicastero, oltre al ministro della transizione ecologica, i ministri dell'Economia e delle finanze, dello Sviluppo economico, delle Infrastrutture e della mobilità sostenibile, della Cultura, delle Politiche agricole, alimentari e forestali e il ministro per il Sud e la coesione territoriale.

Insomma, si tratta una sorta di super ministero che ha molte aree di intervento   che spaziano da quella energetica, delle emissioni inquinanti, dello sviluppo sostenibile, della mobilità green, delle politiche di contrasto ai cambiamenti climatici, della valorizzazione dell’ambiente, del territorio e dell’ecosistema, della conservazione delle aree naturali protette e della biodiversità, dell’economia circolare, delle bonifiche, della difesa del territorio e la lotta ai danni ambientali.

Per essere più chiari ed esaustivi riportiamo i compiti principali del MITE e del CITE.

Il primo ha come compito  principale la redazione di un  Piano per la transizione ecologica nel quale sono   definiti: gli obiettivi e le linee di politica energetica e mineraria nazionale; l’autorizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili di competenza statale anche ubicati in mare; l’attuazione dei processi di liberalizzazione dei mercati energetici e la promozione della concorrenza nei mercati dell’energia e tutela dell’economicità e della sicurezza del sistema; l’individuazione e lo sviluppo delle reti nazionali di trasporto dell’energia elettrica e del gas naturale e la definizione degli indirizzi per la loro gestione; le politiche di ricerca, incentivazione e gli interventi nei settori dell’energia e delle miniere; la ricerca e coltivazione di idrocarburi e risorse geotermiche; la vigilanza su enti strumentali e il collegamento con le società e gli istituti operanti nei settori dell’energia; la gestione delle scorte energetiche nonché la predisposizione e attuazione dei piani di emergenza energetica; l’impiego pacifico dell’energia nucleare, la protezione contro i pericoli derivanti dall’esposizione alle radiazioni ionizzanti e la gestione dei rifiuti radioattivi e del combustibile nucleare esaurito; le agro-energie; la rilevazione, l’elaborazione, l’analisi e la diffusione di dati statistici in materia energetica e mineraria, finalizzati alla programmazione energetica e mineraria; l’elaborazione di piani e misure in materia di combustibili alternativi e delle relative reti e strutture di distribuzione per la ricarica dei veicoli elettrici; la qualità dell’aria; la pianificazione in materia di emissioni nel settore dei trasporti; la gestione, il riuso e il riciclo dei rifiuti e l’economia circolare; le politiche di contrasto ai cambiamenti climatici e per la finanza climatica e sostenibile e il risparmio ambientale anche attraverso tecnologie per la riduzione delle emissioni dei gas ad effetto serra.

Gli inevitabili effetti del malgoverno del territorio: l’alluvione di Firenze del 4 novembre 1966 (copyright by Il Galileo)

 

Il secondo, il CITE, avrà invece il compito di coordinare in concreto le azioni con i relativi cronoprogrammi, nonché le amministrazioni competenti all’attuazione delle singole misure. Siamo in presenza di un  lungo elenco di cose da fare che sottende un’ardua sfida   ambientale e sociale. Una sfida che il  neo ministro Roberto Cingolani   ha voluto palesare  chiosando  sull’acronimo MITE: “La mitezza è la virtù perduta che va recuperata e che indica il modo in cui intendiamo operare: puntare sulla forza degli argomenti e sulla consapevolezza della sfida ambientale e sociale, confrontandosi con grande apertura, avendo a cuore le future generazioni”.

Un commento ottimistico che vogliamo leggermente stemperare evidenziando che la transizione verso un’economia verde non sarà facile perché comporta la trasformazione dell’attuale sistema produttivo verso un modello più sostenibile, che renda meno dannosi per l’ambiente la produzione di energia ,la quale deve essere sempre più efficiente sotto il profilo termodinamico e soprattutto deve essere ad alto impiego di manodopera per unità di valore aggiunto. Per fortuna, oggi, tale traghettamento parte con un cospicuo aiuto monetario. Ricordiamo che il 37% delle risorse totali del Recovery fund, dovrà contribuire agli obiettivi climatici dell’Unione europea rendendo più facilmente raggiungibile l’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050. Ricordiamo, infine, che Parigi e Madrid hanno già dicasteri simili dai quali possiamo sfruttarne l’esperienza guardando sempre con responsabilità alle future generazioni.

Il Galileo