Energia:

la strada inevitabile

delle fonti rinnovabili

e del risparmio energetico

 

di Bartolomeo Buscema

 

L’invasione militare russa in territorio ucraino, oltre alla condanna sul piano umanitario e di diritto internazionale, ha ingenerato preoccupazioni per quanto riguarda gli approvvigionamenti energetici sia in Europa sia in Italia. Un primo effetto è stato l’incremento del prezzo del petrolio Brent che ha superato i 103 dollari oltrepassando per la prima volta dal 2014 i 100 dollari al barile. Anche il prezzo del gas è schizzato di oltre il 25%. Uno scenario critico per l’Italia che dipende dalla Russia per il 45% delle sue importazioni di gas naturale. Rileviamo che l’aumento della produzione nazionale di 2,2 miliardi di metri cubi previsto dalle ultime misure del Governo, che dovrebbe portare il totale estratto annualmente in Italia a 5 miliardi di metri cubi, potrà fare poco per alleviare la nostra dipendenza dall’estero, visto che consumiamo oltre 76 miliardi di metri cubi di gas l’anno (dato 2021). Un preoccupante quadro internazionale, in parte annunciato, posto che la Russia da anni usa il gas come arma geopolitica nei confronti dell’Europa. Ora il vecchio Continente e soprattutto la nostra nazione dovranno affrontare in tempi relativamente brevi la prevedibile penuria di gas se vogliono evitare gravi conseguenze economiche, anche se, mentre scriviamo, la fornitura di gas russo è ancora attiva nonostante le sanzioni. Non sappiamo l’esito di tale invasione, ma possiamo immaginare che se la Russia dovesse chiudere i rubinetti   si verificherebbe un crollo del proprio PIL e sarebbe costretta a vendere il gas naturale   alla Cina che presumibilmente imporrà il prezzo di acquisto, per non parlare dei tempi di realizzazione dei relativi gasdotti. Resta il fatto che l’Europa e in particolare l’Italia dovranno, in tempi ragionevoli, ridurre la dipendenza dal gas russo. Nel breve termine, la strada maestra da percorrere è:

a) aumentare  la quantità di gas naturale che fluisce nei  gasdotti ,oggi non a pieno carico, come  il TAP (Trans Adriatic Pipeline )  il gasdotto alimentato dal  gas naturale del giacimento di Shah Deniz II in Azerbaijan; il TRANSMED  ,il gasdotto proveniente dall’Algeria, e il  GREEN STREAM,   il gasdotto che  trasporta il gas naturale dalla costa Libica fino alla costa Italiana);

b) incrementare l’importazione  di GNL (Gas Naturale Liquefatto) dagli Stati Uniti e dal Qatar e possibilmente da altri Paesi tra cui la Nigeria  che attualmente è il maggior produttore africano.

C’è da notare che quest’ultima “rotta energetica” si scontra con la nostra limitata capacità di rigassificazione dovuta a una mancata programmazione energetica nazionale decisamente miope. Paradigmatico in tal senso è il riesumato progetto Enel concernente un rigassificatore a Porto Empedocle (AG) da tempo osteggiato e combattuto da diverse amministrazioni comunali, ma che in questo scenario critico vede una possibilità di realizzazione. Si tratta di un impianto di degassificazione di circa otto miliardi di metri cubi l’anno quasi un decimo del nostro fabbisogno nazionale. È bene ricordare che oltre alla diversificazione dell’approvvigionamento energetico, è quanto mai necessario dare un notevole impulso all’efficienza energetica e allo sfruttamento delle fonti rinnovabili. Secondo noi, non c’è altra via praticabile sul medio-lungo termine per aumentare la nostra sicurezza energetica e allo stesso tempo ridurre le emissioni di anidride carbonica. Due vie maestre che qualcuno vorrebbe integrare ricorrendo all’energia nucleare    di terza e quarta generazione. Un sentiero energetico irto di difficoltà: le scorie radioattive, i tempi lunghi di realizzazione, almeno dieci anni nella migliore delle ipotesi, e come ha palesato l’invasione dell’Ucraina, un facile bersaglio di guerra. Ma c’è un’altra via percorribile: la produzione di  “idrogeno verde” da utilizzare nei settori più difficili da elettrificare direttamente, come le industrie pesanti e i trasporti marittimi. Da quando Bruxelles ha lanciato la sua “Hydrogen strategy” nel 2020, la svedese H2 Green Steel e la spagnola Fertiberia si sono già impegnate rispettivamente in progetti per produrre acciaio e ammoniaca utilizzando l’idrogeno ricavato da elettricità prodotta con fonti rinnovabili. Un buon segnale che dovrà essere amplificato anche con la realizzazione di nuove infrastrutture volte a importare quantità crescenti di” idrogeno verde” da aree geografiche caratterizzate da un’ampia disponibilità di energia rinnovabile a basso costo e da una ragionevole stabilità geopolitica.

Il Galileo