Una mostra su Henri Cartier-Bresson
Al Mudec di Milano esposte le foto scattate in Cina dopo la “grande marcia” e
prima del “grande balzo in avanti”
di Giuseppe Prunai
Per un fotografo dilettante, il nome di Henri Cartier-Bresson (1908-2004) evoca
soprattutto uno scatto che lui intitolò “Domenica sulle rive della Marna”.
Sullo sfondo il fiume, una barca ormeggiata, canne da pesca che penzolano fuori
bordo e, sull’argine che degrada
verso l’acqua, due uomini e due
donne di mezz’età, qualcuno si è tolto la camicia, qualcun altro calza un
cappello di feltro. A terra i resti di un
déjuner sur l’herbe: piatti
sporchi, una borsa con gli avanzi,
una bottiglia di vino rosso dalla quale uno dei commensali mesce generosamente.
Non a caso, abbiamo evocato il titolo di un celebre quadro di Manet, perché
Edouard Manet (1832-1883) è stato uno dei primi a dipingere la vita e fu
considerato il maggiore interprete della pittura pre-impressionista e
fondamentale nella transizione dal realismo.
Del resto, Cartier-Bresson debutta come pittore e, dopo una lunga parentesi come
fotografo, torna alla pittura. Alcuni suoi quadri sono esposti in celebri musei.
Scrive il sindaco di Milano, Giuseppe Salam. presentando il catalogo della mostra dedicata a Henri
Cartier-Bresson al Mudec- Museo delle culture di Milano, aperta fino al 3 luglio
2022, che le opere di Henri Cartier-Bresson “vanno oltre il concetto di
fotogiornalismo – di cui è considerato l’iniziatore – per mostrare una
sensibilità e una consapevolezza espressiva che gli sono valse il soprannome di
“occhio del secolo” e che hanno fatto di lui una delle figure più significative
della storia della fotografia.
La mostra milanese espone una serie di reportage eseguiti, con l’inseparabile
Leica 35 mm, con obiettivo da 50 mm, in Cina nel 1948-49 e, dieci anni dopo, nel
1958.
Nella prima serie di foto, scattate per la rivista “Life” e, successivamente, per l’agenzia americana Magnum, viene documentata la vita a Pechino e in altre città e villaggi cinesi dopo la “grande marcia”. Nei “quadri” di Cartier-Bresson è evidenziata la difficile situazione dei rifugiati sfuggiti ai combattimenti e alle rappresaglie, la paura degli stranieri, il disordine economico e l’instaurazione di un ordine politico senza precedenti. Ma ciò che, senza dichiararlo, denunciano le foto è la fame. La fame di un popolo ridotto allo stremo prima che il Grande Timoniere riuscisse a mettere dinanzi ad ogni cinese una ciotola di riso e ad ammonire che “se una persona ha fame, non ti limitare ad offrirgli un pesce, ma insegnali a pescare”.
Nella seconda serie di foto, scattate nel 1958, nell’anniversario della
Repubblica popolare cinese, si documenta una situazione completamente diversa.
Non è ancora il benessere ma il “Grande balzo in avanti”.
Percorrendo più di 12.000 chilometri in treno e in aereo, Cartier-Bresson
visitò fabbriche, cantieri, acciaierie, miniere, dighe in costruzione, scuole e
dedicò molto spazio alla Cina rurale ritraendo contadini al lavoro e prodotti
della terra.
Purtroppo, tutte le foto esposte sono protette da copyright: è possibile
fotografarle senza usare il flash ma non si possono riprodurre. Pertanto, i
nostri lettori dovranno accontentarsi della locandina della mostra, curata,
assieme al catalogo, da Michel Frizot, Ying-lung Su in collaborazione con la
Fondazione Henri Cariter-Bresson.