La valigia con Newton

 

di Magali Prunai

Estate, caldo, tanto caldo, vacanze e la domanda che in tanti ci poniamo è: che mi metto? Che metto in valigia?

Sembra l’ennesima questione di un appassionato estremo di moda, da porre, forse, a un esperto armocromista che per ogni occasione, ogni stagione e ogni gita in programma escogita un abbigliamento mirato.

In realtà dietro a un vestito estivo, a quale materiale e soprattutto quale colore scegliere, c’è una spiegazione scientifica.

Il bianco attira meno il sole a differenza del nero e chi lo scrive non ha scoperto da poco l’acqua calda, ribadendo l’ovvio ovvero che il colore chiaro fa percepire meno calore di uno scuro. Questa affermazione appartiene alla scienza, e non è neanche poi così complicata da capire.

Ma la questione, prima ancora che riguardare i colori, riguarda la luce: una forma di energia che si muove nello spazio come un’onda. Un’onda che si muove attraverso dei cicli e la distanza da un ciclo a un altro è la lunghezza d’onda, la principiale indiziata nella percezione del colore.

In parole più semplici, quando guardiamo un oggetto colorato il colore che il nostro occhio percepisce è la sua capacità di riflettere la luce emanata da un’altra fonte, che può essere primaria, come il sole, o secondaria, come uno specchio o la luna. Una chiave fondamentale, questa, per capire il discorso sulla percezione dei colori ipotizzata, e poi sperimentata, per la prima volta da Newton (1643-1727) il quale affermò che i raggi di luce non sono propriamente colorati, dal momento che in essi c’è una propensione a produrre la sensazione di questo o quell’altro colore.

Newton in un ritratto di Sir Godfrey Kneller, 1702, (olio su tela)

Il bianco, il colore dell’estate per eccellenza, riflette tutte le lunghezze d’onda visibili della luce, a differenza del nero che si comporta esattamente all’opposto, permettendo così a chi indossa capi bianchi di provare meno caldo in una giornata soleggiata.

La luce bianca, infatti, non ha una sola frequenza o lunghezza d’onda ma si tratta di una combinazione di varie frequenze che si muovono in uno spazio, lo spettro. I colori che percepiamo sono composti da un’area ben definita di lunghezza d’onda all’interno di questo spettro. Più ci allontaniamo dal suo centro e più la frequenza aumenta, più ci avviciniamo e più questa diventa corta. Ed è proprio questa frequenza e la sua lunghezza a stabilire quanto un oggetto assorbe e riflette la luce, diventando così il maggior responsabile nel determinare se un colore è più o meno fresco.

Un corpo bianco, quindi, assorbe la luce e la riflette quasi completamente diventando un colore che possiamo definire fresco, un corpo nero assorbe totalmente la luce diventando un colore più caldo, un corpo colorato assorbe la luce e diffonde solo quella del colore e può essere allo stesso tempo sia un colore indicato per l’estate come assolutamente da evitare.

Ma come fare a sapere se con 40 gradi all’ombra è meglio indossare il giallo o il verde o il blu? La scienza ci viene ancora in nostro aiuto creando una scala, una banda, dove è visibile la radiazione di lunghezza d’onda che determina quanto quel colore assorbirà e rifletterà la luce. Più la reazione sarà simile al bianco e più potremo definire il colore fresco.

E quindi, partendo da chi ci fa meno sudare per arrivare a chi ci farà sentire più caldo, via libera a rosso, arancione, giallo, verde, blu, indaco e violetto.

Il Galileo