tra incendi, inondazioni
e negazionisti dei cambianti climatici
di Magali Prunai
Caldo, sandali, sole, pantaloncini e gonne svolazzanti: signore e signori
benvenuti in autunno!
Sì, avete capito bene. Benvenuti in autunno, la nuova estate.
Se nei racconti di una volta, nei romanzi ottocenteschi si raccontava di lunghi
inverni freddi, che mettevano a dura prova la fragile salute dei contemporanei,
nei racconti moderni si inizierà a parlare delle lunghe estati calde che mettono
e metteranno a dura prova non solo la nostra salute, per fortuna non così
comunemente cagionevole, ma anche quella di ciò che ci circonda: piante,
animali, aria.
Temperature sempre più elevate in estate, con picchi fino a 50 gradi, zero
termico oltre i 5000 metri sul livello del mare, incendi in conseguenza del
caldo, alluvioni in conseguenza del caldo. Possiamo riassumere così l’estate
2023, con incendi al sud Italia causati sì dalla mano dell’uomo ma resi più
pericolosi e difficili da domare dall’aridità dell’ambiente dovuta alla siccità,
con un caldo ingestibile che ha inasprito il tutto, mentre nel nord Italia con
acquazzoni spaventosi. Le temperature elevate hanno, infatti, portato
all’accumulo di grandi quantità di energia in atmosfera che ha trovato un modo
solo per sfogarsi: abbattersi sulle città con violenti temporali, intense
raffiche di vento e grandine.
Quindi mentre una parte dello stivale prendeva fuoco, l’altra parte annegava.
L’evento di luglio scorso di Milano, una notte di “fuoco” dominata da lampi e
tuoni, chicchi di grandine grandi come pompelmi, gli alberi crollati ovunque, la
città allagata, la città paralizzata per più di un mese, parla da solo.
Eppure sembra non parlare proprio a tutti. Viviamo in un’epoca in cui mettere in
dubbio dati, teorie di esperti ed evidenze è diventato lo sport nazionale, anzi
mondiale.
E quindi fra i vari no qualcosa spuntano sempre di più i negazionisti del
cambiamento climatico. Chi dice che in estate sia normale sentire caldo, chi
nega il pericoloso scioglimento dei ghiacciai, chi sembra non capire la gravità
dello zero termico a più di 5000 metri.
Questa estate, ad esempio, l’opinione pubblica ha scoperto l’esistenza dello
zero termico e ha deciso di discettarne liberamente, con più o meno
consapevolezza, fino ad asserire che, in realtà, non si tratti di un dato così
fondamentale.
Del resto si tratta solo di una misura dell’altitudine al di sopra della quale
la temperatura dell’aria, in libera atmosfera, rimane inferiore allo zero. Del
resto ci dice solamente che più sale e più sarà caldo a valle.
Del resto misura solo lo stato di salute delle nostre montagne, dicendoci che
più è alto e più le catene montuose soffrono e sono malate.
Lo zero termico, insomma, è un po’ come il mercurio del nostro termometro:
quando sale superando la nostra temperatura normale non è mai portatore di buone
notizie. Ma se a noi basta un po’ di riposo e qualche medicina perché la
temperatura torni ai suoi livelli di normalità, nel caso dell’ambiente vuol dire
solamente ghiacciai che si sciolgono, siccità, poca acqua e tutto quello che
vediamo ogni giorno o che dovremmo vedere.
Si può fare ancora qualcosa o dobbiamo lasciarci andare alla cosiddetta eco
ansia? Fortunatamente gli scienziati dicono che non abbiamo ancora raggiunto il
punto di non ritorno.
C’è ancora speranza, rimbocchiamoci le maniche e che ognuno di noi faccia la sua
piccola parte per il bene comune.
Copyright by Magali Prunai