La scomparsa

di Giulio Giorello

Lo ha ucciso il coronavirus – E’ stato un filosofo eclettico: dalla filosofia della scienza a quella di Topolino

 

di Giuseppe Prunai

 

Il Covid19 ha mietuto una vittima illustre: il filosofo della scienza Giulio Giorello. Aveva 75 anni. Tre giorni prima aveva sposato la sua compagna, Roberta Giacomini.

Ha detto di lui il presidente del consiglio, Giuseppe Conte: “filosofo raffinato, epistemologo, grande appassionato delle questioni riguardanti il metodo della scienza. Ha riferito intensamente anche su etica, politica, religione, l’Italia perde un grande pensatore, mai banale. Ci restano le sue dense pagine”.

Nel solco degli insegnamenti del suo maestro Ludovico Geymonat, quello che fu definito “un filosofo contro”, contro le  tendenze eccessivamente tradizionaliste del pensiero del suo tempo, Giulio Giorello si era sempre battuto per il superamento delle barriere tra il pensiero umanistico e quello scientifico. Non esistono due culture, soleva ripetere. La cultura è una sola contrapposta all’ignoranza.

Ma con suo disappunto, la teoria delle due culture è riaffiorata, negli ultimi tempi. Se ne parlò in un convegno sulla divulgazione scientifica, di cui lui era un fautore, promosso, alcuni anni fa, dall’Unione dei giornalisti italiani scientifici (UGIS). In quell’occasione avrei voluto fargli una domanda, ma non ve ne fu tempo. Avrei voluto chiedergli cosa ne pensava del fatto che il concetto delle due culture, umanistica e scientifica, si era arricchito di un’altra proposizione: la cultura tecnologica. In pratica, la tecnologia, che è il lato applicativo della scienza, quind un’attività subordinata, assurgeva al rango di pensiero autonomo. Qual era il meccanismo psicologico e culturale che aveva determinato questa tendenza? Forse era in linea con il tempo corrente, con il continuo, inarrestabile progresso delle cosiddette nuove tecnologie, dell’uso del PC, dei cellulari, dei servizi di home banking, dell’uso delle carte di pagamento, degli acquisti on line.

Avrei voluto chiedergli tutto questo, ma ne è mancato il tempo, allora come oggi. Forse si può intuire la risposta frugando nel suo pensiero di filosofo e di matematico nel solco dei grandi pensatori del passato. Ne citiamo due ai quali, forse, si era ispirato: Blaise Pascal e Immanuel Kant, ma anche René Descartes e Francis Bacon. Comunque fedele al rigore logico del metodo di Galileo.

E’ stato un filosofo eclettico spaziando in vari campi del sapere. Fu un sostenitore della divulgazione scientifica perché era convinto che  nelle grandi questioni della scienza si dovesse coinvolgere il pubblico dei profani, cercare di far capire loro l’essenza dei problemi. E fu probabilmente questo lo spirito con il quale, insieme con Ilaria Cozzaglio, scrisse la “filosofia di Topolino”, libro in cui, attraverso il noto topo della Walt Disney, narra in maniera farsesca la storia del Novecento contestando le correnti di pensiero maggiormente seguite.

Il Galileo