Cani anti-Covid

all’aeroporto di Helsinki

 

di Adriana Giannini

 

Si chiamano Kossi, Miina, E.T. e Vado, non hanno un pedigree prestigioso - il più bravo di tutti Kossi è un segugio meticcio trovato  8 anni fa in uno scatolone ai margini di un’autostrada spagnola, portato in un rifugio e salvato dall’eutanasia dalla sua attuale istruttrice Susanna Paavilainen - ma hanno un olfatto eccezionale che li ha fatti diventare i beniamini dell’Aeroporto di Helsinki-Vantaa. Dal 30 ottobre di quest’anno questi quattro cani diversi per razza, età e dimensioni possono anche fregiarsi del titolo di cani eroici, un riconoscimento assegnato ogni anno dal Finnish Kennel Club ai cani che hanno salvato vite umane. Loro lo hanno ottenuto per meriti speciali, in questo caso per aver partecipato con successo a un progetto pilota organizzato dall’associazione finlandese Wise Nose (selezionatrice degli olfatti canini migliori) e rivolto a valutare la capacità dei cani nell’identificare i soggetti portatori dell’infezione da Covid-19.

Iniziato a metà settembre, l’esperimento ha consentito di esaminare in meno di un mese e mezzo ben 2000 campioni organici messi a disposizione da quei passeggeri in transito disposti a  collaborare volontariamente al progetto attraverso un semplice sistema non invasivo: passare una salvietta sotto le ascelle o nella zona del collo per raccogliere il sudore e inserirla entro un contenitore. Per evitare qualunque tipo di rischio reciproco, il progetto non vede un contatto diretto con i cani, ma fa sì che, in circa un minuto, uno dei cani annusi il campione e faccia capire il responso al suo addestratore. Un complimento, una carezza e una crocchetta sono compensi sufficienti in caso di positività con il vantaggio che non solo i cani non imbrogliano mai, ma, come è stato riscontrato, la loro affidabilità intorno al 90 per cento è pari o superiore al più invasivo, costoso e lento test del tampone. Per di più si è osservato che i cani riescono a scoprire i soggetti infettati anche 4 o 5 giorni prima della manifestazione dei primi sintomi, febbre compresa. Questo perché al sensibilissimo naso di un cane basta la presenza di 10-100 particelle virali, mentre il test del tampone basato sulla PCR (reazione a catena della polimerasi) fornisce la positività solo quando le particelle presenti nel campione superano la soglia dei 18 milioni.

Naturalmente in questa fase preliminare non ci si affida solo ai cani per la diagnosi: chi è segnalato come positivo viene inviato al centro medico per un esame tradizionale. Tuttavia , visto il successo dell’esperimento e il favore e la simpatia con cui è stato accolto dal personale dell’aeroporto e dai passeggeri, si è deciso di portarlo avanti fino alla fine di dicembre per poi decidere se estenderlo utilizzando altri cani già selezionati per l’eventuale addestramento tra quelli non solo dotati di ottimo olfatto, ma capaci di “lavorare” nell’ambiente rumoroso e affollato di un aeroporto.

Del resto utilizzare i cani in funzione anti-Covid - così come sono già normalmente usati dalla polizia o dall’esercito non solo per scoprire esplosivi, denaro, droga, ma anche per rintracciare persone sepolte sotto le macerie  - potrebbe essere un’ottima, efficiente ed economica soluzione in tutte gli ambiti in cui, come negli aeroporti, c’è una forte affluenza di persone che non hanno il tempo di aspettare come accade in stazioni ferroviarie, scuole, concerti, stadi e così via.

Come si può facilmente immaginare la Finlandia non è certo il primo paese a percorrere anche la strada del prodigioso fiuto canino per arginare la pandemia di Covid-19. Lo stanno facendo anche altri paesi in particolare in Europa Regno Unito, Germania, Francia e Belgio e nel resto del mondo Emirati Arabi Uniti, Libano, Cile e Brasile, ma a quanto ci risulta non si è ancora arrivati allo stadio applicativo.

In effetti il naso dei cani, dotato di circa 300 milioni di recettori olfattivi contro i circa 5 milioni del nostro, ha capacità superiori a qualunque apparecchio fabbricato dall’uomo e potrebbe trovare ulteriori applicazioni in campo sanitario. Non sappiamo come ci riesca, ma già si è visto che è in grado di accorgersi se una persona o un altro animale è affetto da  alcuni tipi di tumore. Lo stesso Kossi citato è stato inizialmente notato perché in rifugio annusava con insistenza un altro cane che si è rivelato essere affetto da una neoplasia. Secondo James Logan dell’Università di Londra è possibile che i cani percepiscano le reazioni dell’organismo alla malattia o all’infezione e questo spiegherebbe perché possono segnalare il Covid-19 non nelle cavità nasali ma nel sudore.

Il Galileo